Era la terza volta. La prima la ricordo come ora. Era l'agosto del 1990, 23 anni dopo la morte di don Milani. La minuscola località, fatta di un paio di case e della piccola chiesa di San Andrea, fu niente rispetto all'ingresso nel cimitero. Restai tanto di fronte a quella tomba semplice, fatta solo di una croce e di una lastra di marmo bianco con su scritto: "Sac. Lorenzo Milani Priore di Barbiana dal 1954".
L'emozione stavolta è stata ancora maggiore. Intorno un silenzio assoluto con appena il vento e gli uccelli a cantare la bellezza di quella terra. Ripensavo a questo uomo, al suo incontro tardi con la vocazione, alla sua fede e convinzione del possibile riscatto per i suoi figlioli montanari.
Sono rimasto lì ad ascoltare quanto aveva da dirmi don Lorenzo. Sul cartello a fianco della canonica c'è una possibile lettura sulla "potenza" di Barbiana: non è un museo, ma una scuola viva.
Nei piccoli e angusti locali della scuola c'era Michele Gesualdi a tenere una lezione a un gruppo di persone. Non ho potuto ascoltare tutto perché non volevo disturbare quella loro intimità. Sono rimasto sotto il pergolato, dove don Lorenzo teneva le lezioni quando il freddo becco del Mugello lasciava posto alla primavera. Ascoltavo come si insegnava la matematica, il perché di "I care", "mi interesso", l'esatto opposto del "me ne frego" fascista. Oggi più che mai è attuale quella scritta e oggi più che mai è vivo il messaggio di don Lorenzo Milani.
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