“Io non ho paura di dire la verità". Licia Pinelli risponde alle domande del giudice su alcune ferite riscontrate sul corpo del marito morto. Non approfitta dell'occasione per dare la colpa alla polizia, perché sa che il su Pino si era fatto male giocando con le sue bambine.
È un passaggio rapido nel film Romanzo di una strage, ma dà il senso della morale entro cui si muoveva la famiglia Pinelli.
Il film di Marco Tullio Giordana ricostruisce la storia d'Italia dalla strage di piazza Fontana il 12 dicembre 1969, all'assassinio di Luigi Calabresi il 17 maggio 1972.
Quella bomba della Banca dell'Agricoltura avrebbe cambiato il nostro paese in modo definitivo e il regista, con coraggio
indaga e racconta quei momenti attraverso alcuni personaggi che diventano centrali per il film, ma anche per tutta la storia di quel periodo. La pellicola si apre con una manifestazione di operai e studenti, dove morirà un poliziotto, ma poi i movimenti, i partiti e perfino le istituzioni, ad eccezion fatta per Aldo Moro, restano sullo sfondo, mentre centrali sono le storie di Pino Pinelli e Luigi Calabresi.
È attraverso loro due che Giordana intesse tutto lo sviluppo del film. Indugia sulle cucine delle loro case facendo emergere una quotidianità quasi ordinaria, mentre passo passo si stava compiendo la tragedia.
La bomba di piazza Fontana fece 17 morti e 88 feriti. Le altre due vittime furono Pino Pinelli, l'anarchico interpretato da Pierfrancesco Favino, precipitato dall'ufficio della questura di Milano e morto a 41 anni. E due anni e mezzo dopo, Luigi Calabresi, interpretato da Valerio Mastrandrea, assassinato sotto casa a 35 anni. Contro di lui si era scatenata una campagna di odio da parte di gruppi dell'estrema sinistra e in particolare Lotta continua.
Gemma Capra, moglie del commissario, e Licia Pinelli hanno un ruolo importante nel film perché ci permettono di scoprire il lato personale, affettivo dei loro due mariti. Calabresi e Pinelli hanno un rapporto vero, se non di stima certamente di rispetto e si trovano, loro malgrado a fare i conti con una storia più grande di loro. Comprendono come tutto stia precipitando e diventano, in modi diversi, entrambi vittime.
Come ne La meglio gioventù Giordana è coraggioso e guarda ai fatti generali ricostruendone gli sviluppi mantenendo centrali però le vite delle persone. Attraverso questi protagonisti si intuiscono le storie collettive. E ci dice molto entrare nelle cucine delle case di Calabresi e di Pinelli. Vedere piccole gioie e preoccupazioni, speranze e paure che accompagnano le loro vite e quelle dei loro bambini.
Lo Stato ne esce a pezzi. I dirigenti, ad eccezione di singoli, sono macchiette e la politica è incapace di contrastare la deriva che sta prendendo il paese e che ci farà culminare in pieno nella strategia della tensione. Sono pezzi di quello stesso Stato ad alimentare questa situazione fino ad appoggiare i movimenti neofascisti. I servizi segreti svolgono un lavoro nell'ombra depistando e gestendo in modo vergognoso alcune situazioni.
Marco Tullio Giordana ricostruisce con grande serietà quei due anni e mezzo e dedica il film ai morti della strage. Per capire cosa sia, a volte, il nostro Paese basta pensare che i familiari, ancora oggi senza una verità, hanno dovuto pagarsi le spese processuali.
Per saperne di più di quegli anni:
- Spingendo la notte più in là, Mondadori. È la storia della famiglia Calabresi raccontata da Mario, giornalista, direttore de La Stampa e figlio del commissario Luigi
- La notte che Pinelli, Sellerio. È scritto da Adriano Sofri, condannato a 22 anni come mandante dell'assassinio di Calabresi. All'epoca era il leader di Lotta Continua.
- Una storia quasi soltanto mia, Feltrinelli. Scritto da Piero Scaramucci e Licia Pinelli ricostruisce la storia di Pino.
Ho letto tutti e tre i libri e meritano davvero tutti.
1 commento:
sono più ke d'accodo con quello ke hai scritto.
la frase della Pinelli è la più bella del film. il momento più alto.
e le cucine...restituiscono umanità.
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