giovedì 7 giugno 2012

Nel tinello di Bossi

Uff... ancora un libro sulla Lega. Dopo quello di Alessandro Madron su Maroni, quello di Marco Reguzzoni sulla Gente del nord, ora tocca a The family, sui segreti della famiglia Bossi.
Lo presenterò venerdì 8 nei locali della libreria Feltrinelli.
Di seguito una lunga recensione e riflessioni anche oltre il libro.
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Scritto a quattro mani da Giorgio Michieletto e Valentina Fumagalli, The family è un instant book avvincente. “Noi abbiamo iniziato dall’«inizio della fine», scrivono gli autori al termine della loro introduzione.

I due giornalisti, come recita il sottotitolo del libro della Cairo editore, raccontano “segreti e misteri di casa Bossi”, subito all’indomani delle indagini di tre Procure diverse sull’uso dei soldi dei rimborsi elettorali alla Lega. Su Belsito, tesoriere del Carroccio, pendono capi di imputazione pesantissimi, ma la tempesta non si ferma a lui. In una cassaforte viene rinvenuta una cartella intestata a “The family”. Lì dentro ci sarebbero tutte le voci dei soldi utilizzati per questioni personali e private della famiglia Bossi.
Gli autori partono così a ricostruire cosa abbia potuto portare a una simile situazione.
“L’inizio della fine parte da Gemonio. Nella notte tra il 10 e l’11 marzo 2004 la neve cade. E il cuore di Umberto Bossi cede”. A Madrid, quella mattina, esplode una bomba proprio mentre l’ambulanza corre per salvare il “capo”. Il racconto regge un buon ritmo e ci fa entrare spesso nella cucina di casa Bossi. Sono pochi i documenti citati e gli autori vogliono così prendersi la libertà di ricostruire una storia  quasi fosse un romanzo.
Non nascondono la loro tesi. Bossi non è più quello dei tempi del celodurismo. La malattia lo ha sfiancato, e così la moglie Manuela diventa la protagonista assoluta della nuova stagione della Lega. Con lei un piccolo gruppetto di fedelissimi che fa da protezione all’Umberto. “Creato per proteggerlo nel momento in cui è più debole, il cerchio magico alla fine si è stretto troppo attorno al Senatur, come un cappio, trascinandolo nello scandalo”.
Dal ritorno a casa e poi alla politica attiva le cose cambiano per il “capo”. Fino ad arrivare allo scandalo che nessuno si sarebbe immaginato. Una famiglia che sottrae soldi al movimento per finanziare le spese dei figli, la ristrutturazione della propria casa a Gemonio, la Scuola Bosina, il Sin.Pa della Rosi Mauro e altro. 
Ma a capo di tutto c’è una domanda che molti in privato si fanno, ma nessuno ha il coraggio di porre in modo diretto. “Ci è o ci fa? Ci sono tanti Bossi e quello di oggi è il più enigmatico. Ce n’è uno lazzarone e un po’ geniale, un altro che si credeva spietato stratega ma che forse è stato solo molto fortunato. E poi c’è un padre di famiglia che all’improvviso ha scoperto di non essere più così forte, ma pur sempre un papà”.
La tesi, insomma, è quella di un uomo le cui capacità di intendere e volere sono ormai fiaccate notevolmente. 
Il libro presenta qui una prima falla non da poco. E come ha fatto il leader a diventare ministro della Repubblica? Chi decideva ogni mossa all’interno del partito? Liquidare in poche battute tutta questa parte non aiuta a capire davvero chi oggi sia Umberto Bossi.
È nel salotto di casa che troviamo un altro pezzo della storia per capire cosa stia succedendo al “vecchio guerriero”. “Una sera, - raccontano Michieletto e Fumagalli - appena tornato a casa dall’ospedale, il Senatur non riusciva ad addormentarsi. Era una giornata no: non parlava, non rispondeva, nemmeno a Manuela. Era debole. Renzo, senza dire nulla, ha iniziato a suonare Io non so parlar d’amore di Celentano. E sul volto del Senatur è scesa una lacrima”.
Quel suo figlio è ormai pronto per scendere in politica. Manuela ne è convinta e quelle bocciature a scuola che tanto hanno fatto discutere sarebbero state il vero banco di prova. Renzo diventerà così consigliere regionale della Lombardia. “Bossi rivede in lui molto di se stesso. Quando parla della sua adolescenza ricorda sempre tre passioni: sport, musica e ragazze. Proprio quelle di Renzo”.
Nei giorni dell’avvio delle indagini su Belsito e la Lega i giornali si scatenano e vanno alla caccia di ogni piccola storia. Vengono pubblicati racconti di personaggi anche minori, che hanno appena sfiorato la vita del Senatur, ma tutto diventa utile per parlare di Bossi. Per intere giornate sono pagine e pagine di ricostruzioni e ipotesi. Tra queste non pare vero di battere una pista che smuove sempre la curiosità della gente. 
Manuela, vera protagonista della nascita della Scuola Bosina, sarebbe dedita a pratiche dell’occulto. Gli autori ci entrano a mani basse in questi racconti, mescolando le attività politiche a questa sua passione. “Pare che quell’oggettino insignificante - si sta parlando di una piccola scultura che raffigura dei bambini in cerchio - abbia un grande valore simbolico per la moglie del Senatur. È un amuleto che ha ispirato la nascita del cerchio magico? Potrebbe, se si pensa che proprio la Scuola Bosina, fondata da Manuela, è diventata, dopo la malattia di Bossi, il luogo privilegiato dove lei riceve i suoi fedelissimi a qualsiasi ora del giorno. E quella scultura abbraccia idealmente l’istituto di Varese e la casa di Gemonio, dove la moglie del Senatur coltiverebbe, in privato, la passione per l’occulto”.
Nella corsa a cercare altri pezzi di storie sensazionali si passa ad analizzare anche le ragioni di quei nomi dati ai figli. “«B.R.»: Bossi Riccardo, Bossi Renzo, Bossi Roberto. Le iniziali dei primi tre figli del Senatur richiamano proprio quella sigla che evoca un passato di sangue e terrore che ha segnato la storia d’Italia. Le Brigate Rosse”.
Il fondatore della Lega con momentanee simpatie comuniste in giovane età, avrebbe scelto i nomi dei figli in modo da rivendicare la sua forte opposizione allo Stato. Una sorta di “terrorismo” anagrafico.
Gli ultimi capitoli vogliono esser ancor più schioppettanti dei primi, ma francamente è un crescendo di racconti di cui sarà davvero dura dimostrare come davvero siano andate le cose. I fatti sono più grandi forse del racconto che romanza e mette i virgolettati, come davvero si trattasse di una novella e non di ex ministri di Governo.
Si resta un po’ senza parole nel leggere le righe finali con protagonisti i due “grandi nemici”: Roberto Maroni e Manuela Marrone che non aveva perso occasione per dire sempre quanto non si fidasse di lui.
“Da tempo di fatto Maroni prepara la successione - sono le ultime battute con cui si chiude il libro - e tutto sembra accadere sempre al momento giusto.
Qualche giorno prima a Gemonio... Squilla il telefono: «Dobbiamo parlare». Si racconta di un incontro segreto nella notte, nella villa che guarda il lago. Un inatteso faccia a faccia, tra Bobo e Manuela, poche ore prima della bufera, quando la Lega per tutti è ancora una famiglia felice. 
Chi ha chiesto di incontrare chi? Che cosa si saranno detti? Perché nessuno lo viene a sapere? Sta di fatto che alla fine pare Manuela abbia detto: «Adesso ai miei figli dai un’occhiata tu...»”.
Un pezzo di storia d’Italia che si chiuderebbe con il più classico dei “tengo famiglia”. 
E siamo solo all’inizio della fine.

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