Il film lo avevo già visto. Il discorso del re è davvero bello. Profondo, intenso, avvolgente, non stanca mai e regge la tensione dall'inizio alla fine anche visto in lingua originale e sottotitolato in spagnolo.
Sono andato domenica tardo pomeriggio con Sergio alla multisala della Galerias Santo Domingo, sulla caretera Masaya a Managua.
Questa non ha nulla da invidiare alle nostre.
Forse solo troppa aria condizionata, ma quella poco c'entra tranne il freddo.
Ho scelto di rivedere il film di Tom Hooper per diverse ragioni. La prima è di natura cinematografica perché mi ha permesso di cogliere sfumature e livelli di lettura diversi. La seconda è legata all'ambiente. Sono curioso di conoscere le diverse facce del Nicaragua. Quella di questa multisala è certamente particolare perché si potrebbe essere a Milano, a Madrid, a Chicago. Divertente e istruttivo vedere le pubblicità che dimenticano completamente che a meno di 100 metri dal cinema ci sono i ragazzini che elemosinano, vendono di tutto e rischiano la pelle ogni giorno. Ne scompaiono tanti, e tanti vengono violentati. Violenza e povertà si fondono con modelli di ricchezza tipicamente occidentali, quasi come non potesse che essere così. È il trionfo dei consumi e dell'apparire.
Managua ha pochi spazi di socializzazione. È una città animatissima, ma più per la confusione che non per luoghi dove incontrarsi. Non esiste un centro, non una piazza e così questa Galleria assolve a un compito che ben conosciamo anche in Italia. La differenza però è marcata da chi la frequenta. In Italia, alcuni centri commerciali, diventano i luoghi passatempo di classi sociali che non dispongono della ricchezza sufficiente a fare altre scelte. Una ricchezza che non è solo economica, ma soprattutto culturale. A Managua invece la Galerias Santo Domingo è animata da giovani delle classi più agiate. Tanti stranieri che trovano negozi, ristoranti e anche una gelateria italiana con un prodotto di tutto punto.
Certo, sembra di stare in un altro paese, ma ci siamo passati anche noi. Basti pensare alla Rinascente alla fine degli anni '50. quando le città avevano ancora le baracche ai margini del centro.
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