venerdì 11 febbraio 2011

Nella rete vincono i nani

“Non mi iscriverei mai ad un club che accetterebbe la mia iscrizione”. Michele Mezza si presenta così su Facebook, con una citazione di Groucho Marx. Cinquantotto anni, nato nel napoletano, ha studiato a Milano, insegna a Perugia e vive a Roma. È il fondatore di Media senza mediatori, un gruppo di oltre 100 fra studenti, professori e osservatori dei media, che si è raccolto attorno alla cattedra di teoria e tecnica dei nuovi media del corso di laurea in Scienza della Comunicazione dell'Università di Perugia. La Rete è stata ed è l'oggetto delle loro riflessioni.

Giornalista, docente universitario, ricercatore, scrittore, certamente uno dei grandi esperti della Rete. Lavora in Rai come vice direttore dei nuovi media.
Michele Mezza sarà a Varese lunedì 14 febbraio a presentare il suo nuovo libro, Sono le news, bellezza! Vincitori e vinti nella guerra della velocità digitale, Donzelli editore.

Come è nato questo libro?
«È il frutto del lavoro di dieci anni. Ho messo insieme le esperienza maturate a Rai news24 e poi all’Università. In questa stagione abbiamo vissuto dei cambiamenti profondi. La Rete ci ha fatto entrare in una nuova era. Non siamo in presenza di un’innovazione di prodotto, ma di una radicale innovazione di processo. Possiamo parlare di internet come social listening techonology, come straordinario sistema di relazioni che permette al singolo di issarsi sulle spalle di infiniti nani».

Sul sito Media senza mediatori sostieni che “nel web 2.0 non sono i giganti che ci fanno vedere lontano, quanto invece è il formicolare di infiniti nani a farci andare più veloce”. Resta il fatto che in Italia accede a internet solo il 50% dei cittadini. E gli altri?
«È vero, ma vale quanto profeticamente affermava Negroponte nel 1994: il dato di cambiamento è anagrafico. Si realizza man mano che avanzano le nuove generazioni. Dalla nascita dell’era digitale siano già alla quarta e la platea si allarga sempre più. Una svolta l’abbiamo già ora con il mobile e i social network. Siamo i primi al mondo per utilizzo di questi strumenti. Qualcosa vorrà dire?»

Qualcuno però lamenta il forte ritardo tecnologico e di infrastrutture...
«Certo, manca un progetto che sposti i servizi sulla rete, ma non mi straccerei le vesti per l’assenza della banda larga. La rete è un fenomeno sociale più che tecnologico».

A questo proposito nel libro proponi un progetto che parta dai territori. Che significa?
«Parlo del territorio come editore perché sono convinto che sia il luogo dove devono essere tutelati gli standard tecnologici. Negli Stati Uniti sono i sindaci a preoccuparsi della connettività perché la ritengono un bene primario come l’acqua, la luce e il gas. La georeferenziazione è lo sviluppo della rete. Fare il piano regolatore su Google map è un esercizio di trasparenza che permetterebbe di gestire importanti servizi, si pensi solo al traffico. Il comune diventa così il partner fondamentale per ogni operatore del territorio per competere sul mercato globale».

Una parte centrale del tuo libro riguarda il giornalismo. Vengono pubblicati molti libri che raccontano il cambiamento, ma secondo te cosa sta succedendo?
«C’è una transizione dalla carta al bit e questo è inequivocabile, ma ci sono ancora molti problemi. Per capire cosa succede basta guardare ai due soggetti coinvolti: i lettori e i giornalisti. I primi, per la prima volta nella storia, sono più avanti degli altri. Sono più attrezzati, in ogni senso e il baricentro si sta spostando su di loro. Per raccontare come evolvono le cose in questo campo mi piace sempre usare la metafora dei casellanti. Una volta automatizzate tutte le linee ferroviarie e i passaggi a livello, se i casellanti indicono uno sciopero, non se ne accorgono nemmeno le loro madri».
Michele Mezza si definisce un “integrato” della Rete. La studia e la usa, ma non ha quell’atteggiamento che sa tanto di fanatismo. Per capirlo basta leggere il suo profilo del più popolare tra i social network. “Entro in Facebook fra gli ultimi, dopo averne a lungo elucubrato. Forse è l'emblema di una contraddizione personale: odio chi ha nostalgia del buon tempo andato, ma ne sono parte. Nel bene e molto nel male. Mi salva l'Inter. Nel Bene”.
Avvertiti milanisti e juventini.

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