domenica 9 gennaio 2011

Hereafter, che peccato Clint

Che peccato. E la chiuderei qui. "Un argomento difficile trattato con troppa superficialità". Non trovo parole migliori di quelle uscite dalla bocca di una giovane appena finito il film.
Hereafter è stato salutato da diversi critici, e tra questi il mio preferito Roberto Escobar, come un capolavoro. Una sorta di perfezione finale nella filmografia impeccabile del grande Clint Eastwood. Non sono di questo parere. Non sono un esperto, ma un tema così delicato e controverso come quello di cosa ci sia nell'aldilà non può esser affrontato così come fatto in Hereafter. Non basta aver messo in berlina tanti ciarlatani e non si tratta di volere soluzioni a una questione tanto spinosa.
Il film racconta tre storie che hanno in comune il tema della morte. La giornalista perché l'ha vista in faccia durate uno tsunami, il bambino perché gli muore il gemello e Matt Damon perché è un medium e sensitivo. La circolarità delle storie li porterà poi per ragioni diverse a ritrovarsi a Londra.
Ho trovato banale e perfin un po' irritante il modo di trattare la vicenda della protagonista femminile. Il regista, in modo quasi didattico, è costretto addirittura a farglielo dire durante un dialogo a cena. "Sei mesi fa ero ricca, famosa, avevo te..." Oltre che aver perso tutto, la tolgono addirittura dai manifesti pubblicitari e perde anche il suo amore.
Peccato davvero. Da uno come Clint Eastwood, e dopo i capolavori fin qui girati, ci si aspettava qualcosa di veramente forte e provocatorio. Non ci è riuscito. L'America del cinema si rivolge al paranormale. Lo ha fatto Woody Allen con una sconclusionata, ma interessante commedia, ci ha provato ora un gigante, ma di strada ce n'è da fare ancora tanta...

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