venerdì 2 aprile 2010

Non ci sono più scuse

La Lega ha vinto. Non c’è alcun dubbio su questo. Il Pdl resta il primo partito e il centrosinistra torna alle percentuali di vent’anni fa. Intanto però da un anno all’altro oltre quarantamila cittadini sono restati a casa e ha votato solo il 62% degli aventi diritto.
Un dato che diventa ancora più preoccupante se si guarda alle varie aree del territorio dove non si votava per le comunali. Nel nord della provincia l’affluenza è rimasta intorno al 40%. Una situazione simile si è registrata in Valtellina, segno della distanza che queste zone montanare vivono rispetto alla Regione.
C’è da riflettere e tanto. La partecipazione è un indicatore importante per la democrazia di un paese. In ogni caso politicamente e numericamente la Lega vince e con il Piemonte conquista un altro pezzo importante del Nord.
Tutto questo farà molta più chiarezza a livello nazionale, ma soprattutto qui, dove la Lega è nata.
Dopo il voto delle politiche qualcuno ha scritto che tutto sarebbe stato più semplice, perché con la riduzione del numero dei partiti, le commissioni si potevano riunire in una Panda. C’è stata una “semplificazione” politica assoluta che però, fino ad oggi, non sembra aver prodotto grandi risultati.
Dopo il voto regionale il centrodestra e la Lega governeranno quasi tutto il Nord e da Roma fino all’ultimo paesino delle valli. Sarà così difficile credere alla solita tiritela di “Roma ladrona” o del “non ci lasciano lavorare”. Le responsabilità saranno sempre più chiare. E così il tempo delle riforme, quelle vere, non è più rimandabile.
Il nostro Paese si conferma conservatore, ma anche con una grande novità. Quella che fino a un decennio fa era considerata “maggioranza silenziosa”, oggi è maggioranza politica e di governo. Non è una cosa da poco, perché tira via ogni velo di ambiguità. Una maggioranza che, grazie anche a una continua campagna mediatica, ha anche fatto passare un sistema valoriale molto diverso. Il rischio di derive populiste è evidente a tutti. Il rischio di confondere le acque con l’uso di parole ambigue come riforme, quando spesso, si veda le vicende legate alla scuola, si tratta solo di tagli e di provvedimenti di facciata, è molto forte.
Il rischio di non assumere decisioni per paura di perdere consenso è dietro l’angolo. Così come il rischio di continuare a vedere nell’altro il pericolo, il nemico, soprattutto se “diverso”.
Nell’altro versante, quello dell’opposizione, il rischio maggiore è di non essersi resi conto che un’epoca è definitivamente chiusa, ma non quella degli ideali. La Lombardia è arrivata a dieci milioni di abitanti. Non è più la stessa di quindici anni fa quando Formigoni entrava per la prima volta al Pirellone. Questo è un territorio tra i più ricchi e dinamici del mondo. Eppure c’è molto da fare soprattutto in tema di aspettative e fiducia del futuro. Non si può continuare a far leva sulle paure della gente. Soprattutto su quella che si perda ciò che con tanta fatica si è fin qui conquistato.

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