La cura Schopenhauer è il primo romanzo di Irvin Yalom. Profondo, intenso, meno avvincente del suo secondo lavoro, Le lacrime di Nietzsche, ma lo stesso importante.
Una lunga cavalcata sulla vita e sulla morte. "Non sarà, - dise Philip - che la gente teme il contatto con gli afflitti perché non desidera doversi confrontare con la morte che attende ciascuno di noi?"
Nel gruppo si confrontano idee e vissuti diversi. Il filo conduttore è comunque la vita e le relazioni. Julius interviene stimolando prese di posizione, ma poi anch'esso via via si lascia coinvolgere sempre più intensamente. "Gli affetti, - sostiene, - e un'abbondanza di affetti, sono gli elementi indispensabili di una vita piena, ed evitare gli affetti perché se ne anticipano le sofferenze è una ricetta sicura per essere vivi solo parzialmente".
Philip è uscito dalla sua compulsività patologica verso il sesso solo grazie alla filosofia e in particolare a Schopenhauer e ne incarna così tutto il pessimismo e la riluttanza a ogni genere di relazione. "È un'idea di Epitteto e anche di Schopenhauer, che l'eccessivo attaccamento alle cose materiali e agli individui e perfino al concetto dell'io sia la fonte principale della sofferenza umana. E non ne consegue che tale sofferenza possa essere allievata evitando l'attaccamento?"
Riflessioni dopo riflessioni il lavoro di gruppo procede e per Yalom Schopenhauer precede Nietzsche che precede Freud che porterà alla "rivoluzione" della medicina e dell'analisi sulla psiche.
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