lunedì 14 settembre 2009

Non ci lasciamo deprimere da Videocracy

Sulle prime, allo scorrere delle immagini del documentario di Erik Gandini, Videocracy, sale una depressione infinita. Sembra incontenibile la tristezza, lo sconcerto per quello che sta vivendo il nostro paese.
Una ricostruzione sul potere della televisione che va ben oltre il connubbio con Berlusconi. Non è in gioco la politica, ma un intero sistema culturale che sembra aver smantellato ogni possibile valore se non quello dell'apparire.
La narrazione scorre su più piani. Fantastico quello dell'operaio bergamasco di Sarnico che meglio di qualsiasi trattato di sociologia spiega quali sono i miti oggi. Da lì in poi il veder raccontate le storie di Lele Mora (terribile e sconvolgente la sua suoneria del cellulare con Faccetta nera e una serie di immagini naziste), di Fabrizio Corona e altri serve solo a far comprendere allo spettatore come la televisione abbia prodotto un cambiamento non solo degli stili di vita, ma proprio dei riferimenti etici e culturali.
Il rischio di queste operazioni, importanti e che porteranno altra pessima immagine dell'Italia a Bruxelles dove il film andrà in programmazione tra qualche settimana, è che portino solo assefuazione e senso di sconfitta assoluta per quanti non fondano la propria vita sull'apparire e il vuoto.
L'Italia non è solo quella di Videocracy. Lo schifo che si vede nel film ha diverse facce. Ci sono quelle di chi si è arricchito grazie a questo sistema. Chi ha speculato e specula sulle povere ragazzine e su i galoppini in cerca di una ricchezza e popolarità a buon mercato. C'è chi pianifica o ci prova, vedi Corona. Ci sono quelli che hanno scalato tutto e che hanno portato l'Italia nei peggiori posti in classifica per libertà di stampa e per le pari opportunità tra uomoni e donne.
C'è chi non si rende conto, non ha la coscenza di essere lo "sfruttato" della situazione che di fatto alimenta il suo malessere stesso facendogli credere che è per il proprio bene.
Non ci lasciamo però deprimere da Videocracy perché siamo inpresenza di una società malata, ma non c'è solo questo. C'è nel tessuto sociale, economico e anche politico ancora una capacità di risposta diversa. Occorre però svegliarsi da questo torpore che, come per gli animali a sangue freddo, rischia di non percepire il surriscaldamento dell'acqua fino a morire di infarto per eccesso di calore.
Se questo è l'effetto di film coe Videocracy ben venga, altrimenti meglio lasciar stare.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Connubbio"? "Coscenza"?