Ci sono due parole che possono spiegare bene il successo della Lega: emozioni e radicamento.
In giro per la provincia campeggiano ovunque i manifesti del Carroccio. Uno su tutti colpisce. Un Bossi sorridente, più giovane di almeno quindici anni con lo slogan "la Lega non ti abbandona". Semplice, diretto, incisivo. Il Bossi gagliardo che manda a quel paese tutti in diretta, che va a Porta a porta e canta con Reitano. Un Bossi che anche malato non molla.
Di fronte ai profondi cambiamenti degli ultimi ventanni la Lega ha sempre trovato una risposta facile che fa proprio leva sulle emozioni. Promette di mantenere la ricchezza e l'identità che tante fatiche hanno richiesto al popolo del nord per arrivare fin qui. Così risulta più chiara la battaglia sul federalismo e la sicurezza contro l'immigrazione.
Il primo è la leva per trattenere sul territorio la ricchezza prodotta. Il secondo invece osteggia con tutta l'energia possibile ciò che minerebbe alle radici l'identità e le tradizioni. E così dalla lotta ai "terroni" ci si è spostati all'islam o comunque al diverso. L'elezione di un sindaco nero è un fatto storico da non sottovalutare, ma serve solo a rafforzare l'idea che la battaglia contro l'immigrazione non è razzismo, ma un anecessità.
Sono le paure allora a fare da forte collante.La Lega però non è solo questo. Basta guardare la composizione delle loro liste per capire che c'è qualcosa di più profondo e che, anche restando in tema di emozioni, non è soltanto la paura a far vincere. Sono tantissimi i giovani che militano nel Carroccio. Tante le donne che non solo vengono candidate, ma vincono. C'è voglia di partecipazione ed entusiasmo. C'è un protagonismo che nasce dai territori, dalle comunità. E proprio per questo la Lega perde dove fa una battaglia più di marketing, per esserci e far vedere il proprio logo. Vince invece dove presenta candidati del posto che vivono nel paese e si impegnano.
Dopo diciasette anni di governo del territorio sarà anche ora di smettere di vivere la Lega come qualcosa di provvisorio e di incidententale, anche se alcune battaglie di bandiera per i risultati elettorali contano davvero poco. O almeno così sembra.
Per le europee lo smacco su Malpensa avrebbe dovuto penalizzare pesantemente il Carroccio. Così non è stato. La Lega perde invece la competizione in tutte le amministrazioni vicine all'aeroporto. Qualcosa vorrà pur dire. La politica sembra così più vicina alla vita dei cittadini di quanto si possa credere.
È un dato preciso anche nei valori numerici del voto. I due partiti più "ideologici" Lega e Udc fanno il pieno dei loro voti. Tre milioni per i primi e due per i secondi che al di là delle percentuali più o meno volatili, perché legate a quanti vanno a votare, sono il patrimonio di una forza politica. La Lega il suo lo sa usare e bene. Altrettanto non si può dire della sinistra e del Pd, ma anche del Pdl. Il partito di Franceschini perde dai tre ai quattro milioni di voti ( a seconda che si consideri o meno il voto dei radicali). Il Pdl, grande deluso delle elezioni, ne perde quasi tre e per il partito appena nato e tanto voluto dal presidente non è un bel segnale. Chi non va a votare sceglie e chi ne paga lo scotto deve riflettere.
La sinistra non riesce più ad interpretare bisogni e cambiamenti dei cittadini e basterebbe guardare ed ascoltare per capirlo. Parte dalla fisicità e dal linguaggio dei loro leader. Aspetti che troppo spesso seguono l'assenza di idee e di progetti. Non è un problema solo italiano, ma non è una bella consolazione.
La lezione degli Stati Uniti è già stata archiviata e l'Europa sembra vivere con fastidio il protagonismo di Obama. Le forze del nostro centro sinistra, insieme con la capacità di leggere i cambiamenti, sembrano aver perso la capacità di emozionare il proprio elettorato.
E in tempo di crisi questo continuerà a far vincere chi, almeno a parole, non abbandona mai.
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