venerdì 13 settembre 2013

Condividere e non aiutare è il verbo per Haiti

"Lasciare a casa le rigidità mentali". Come fosse facile.
Era il 27 agosto quando Manuel scriveva questo titolo in un post a due giorni dalla partenza per Haiti. Sembrano passati mesi. Ho seguito giorno dopo giorno il suo lavoro. A partire dalla tappa nella Grande Mela che lo aveva un po' contrariato.

Haiti è davvero dall'altra parte del mondo. In tutti i sensi e dal 31 agosto ce ne saremmo resi conto dalle foto, dalle parole, dalle immagini video. Il risveglio a Mare Rouge, dove ha sede la missione dei due sacerdoti italiani che Manuel ha seguito, è stato ricco di immagini e colori. Il giorno dopo sono gli invalidi, ultimi tra gli ultimi a prendersi il ruolo di protagonisti nel racconto.
Da quel primo settembre le scelte di Manuel saranno sempre quella di dar voce ai volontari, ma attraverso la vita dei bambini, ragazzi e adulti di Mare Rouge e dintorni.
Passa un ottimismo cosciente che il cambiamento potrà arrivare solo dai giovani e dall'educazione. Questa è una lezione anche per chi, come lui e noi tutti, ha scelto di fare il giornalista. Qual è il senso a migliaia di chilometri? Perché raccontare, quando magari è interpretato come solo ficcare il naso? In un video più di tante parole si intendono le ragioni e le speranze di portare nel mondo l'esperienza dei ragazzi di Mare Rouge.
La vita anche ad Haiti è fatta di momenti e la domenica spezza un ritmo e diventa sempre l'occasione di festa. Le foto e il post ci mostrano i volti, gli abiti, la dignità e l'allegria di un popolo. E siamo ancora solo al primo settembre. È anche l'occasione per raccontare il significato del fare missione iniziando dal parroco locale, Rodolph Balthazare.
Dal 3 settembre la narrazione entra in vari aspetti della vita a partire dai problemi sanitari. Stefania lavora all'ospedale di Varese e vive a Tradate da dieci anni. Va a Mare Rouge come tante persone della sua città, prendendo le ferie. C'è passione e professionalità nelle sue scelte. Il rammarico resta quello di provare una sensazione non bella "È come mettere una pezza".
Tradate e Abbiate hanno fatto molto per questa comunità di oltre 25mila persone. Basterebbe pensare all'acquedotto. Per molte persone questo ha significato non dover passare ore e ore nell'andare carichi a prendere l'acqua a chilometri di distanza. Sono proprio i bambini ad aver più beneficiato di questa opera.
Dal mercato si possono capire molte cose di un luogo. È Berta la protagonista, ma più di lei tutti quelli che provano a vendere qualcosa in quell'improvvisato spazio che ogni settimana si anima.
Il 4 settembre a Manuel esce una domanda che ha significati davvero diversi vista da qui o da Haiti. "Con cosa giocano i bambini?" Si sente tutta la sua curiosità di padre, ma anche la nostra inadeguatezza  a comprendere le differenze. A questo fa da contraltare la vita degli adulti e come una lampadina possa cambiare molto nella quotidianità. E si, perché a Mare Rouge non c'è elettricità nelle case. Pensate quanta resta la differenza tra chi ha potuto scrivere, e tutti i giorni farci avere un racconto e decine di foto, e tutti gli altri che non hanno nemmeno la luce. Odinel è orgoglioso perché ha un lavoro vero e grazie all'installazione di piccoli pannelli solari ha portato l'elettricità in 93 case finora.
È il 5 settembre, e dopo una settimana, con "Omme blanc, omme blanc", Manuel lascia passare per un momento un po' della sua emozione. Lo deve a una bambina che, mentre lui parlava al telefono con le sue figlie piccole, gli prende una mano e si fa accompagnare fino a casa. Da leggere un commento delizioso sotto quel post davvero bello e denso di sensibilità. È un attimo, perché poi torna a irrompere la vita fatta di dolore e anche tanta solidarietà. Come la storia di Kendy e Melità unite dalla disabilità.
La domanda che tutti ci facciamo spesso è: "ma noi che possiamo fare?" Molto e basta leggere questo post su come è nata la scuola.
Il 6 settembre è ancora un giorno di attenzione al culto e ai momenti di preghiera. Madda accompagna poi Manuel a Jean Ravel per visitare un ospedale che serve 250mila persone e che funziona senza apparecchiature e soprattutto per mezza giornata, tanto è il tempo in cui c'è energia elettrica. Nella stessa località si sviluppano altre attività, come quelle proposte da suor Nazareth e suor Rose: "Aiutiamo a trovare quella parta di sé che si possa esprimere, l’arte, anche così possono risollevarsi».
Il 7 settembre arriva la pioggia e tutti fanno festa e girano senza le scarpe. L'acqua è un elemento non da poco e scandisce una parte importante della vita.
Per noi l'8 settembre è una data emblematica della frattura e non solo della liberazione. Manuel ci ha raccontato il perché del cammino a piedi per raggiungere all'alba Kot de Fer, una frazione di Mare Rouge dove don Giueppe dice Messa. È l'incontro il protagonista stavolta di ogni passo.
Il 9 settembre è l'unico momento di svago e foto delle bellezze caraibiche. Si va al mare. Ma si torna subito alla quotidianità, anche se è domenica. E questa da quelle parti significa far la coda tutti i giorni per prendere l'acqua.
È il 10 settembre e il racconto di don Giuseppe ci svela molto. Non si va per aiutare, ma per condividere la vita. «Dire di venire ad aiutare non è giusto, perché aiutando, nella definizione che si intende in Italia, si schiaccia questo popolo. Si fa qualcosa per loro, per lo più di materiale, ma poi non rimane nulla. Ci si deve inserire in una comunità, conoscere e poi crescere insieme a loro. Aiutare troppo spesso vuole dire imporre un proprio modo di fare e pensare. Nel senso che sì dà qualcosa, ma in cambio vuoi che l’altro faccia come te. Così non si aiuta nessuno». E ancora: «Vuol dire svestirsi delle proprie rigidità e mettersi nella situazione che stanno vivendo le persone con cui ti vorresti inserire – prosegue don Noli -. Ad esempio, un mussulmano ha la stessa convinzione che ho io. Ognuno ha il suo percorso, lo si condivide e poi si cammina insieme per un fine comune. Come qui ad Haiti, a Mare Rouge. Ognuno ascolta l’altro cercando di apparire il meno possibile. Altrimenti li sovrasti».
La solidarietà si muove e Tradate sente come sua quella comunità. Si progettano nuovi spazi e una nuova scuola.
Ormai Manuel si muove con maggior scioltezza e può andare a raccontare storie che riprendano alcuni punti già trattati. È l'11 settembre e stavolta il protagonista è Markson che non camminava da cinque mesi. Una tragedia in un posto come Mare Rouge. Un ragazzo di 18 anni non può restare inattivo. Basta una piccola cura e i miglioramenti sono immediati. Ma poi? Si domanda Stefania. "Continuerà le cure?". Intanto però per oggi si fa festa e non è poco.
Leon Nocles è uno di quei personaggi che a Mare Rouge passerà alla storia perché è l'ingegnere che, insieme agli italiani, ha costruito l'acquedotto portando l'acqua in salita. È una delle storie forti della solidarietà tra la comunità di Abbiate e quella di Haiti.
Il 12 settembre inizia con la storia di James e Alessio. Il primo è un bambino che non vedeva più quasi niente. Il secondo è un giovanissimo ottico varesino che in pochi giorni ha effettuato 648 visite e in qualche caso, tipo quello di James, ha risolto problemi che sembravano irrisolvibili.
Quello che hanno fatto i ragazzi di Villa Poma ha dell'inverosimile. Giovani che non hanno nulla e che, quando hanno saputo che in Italia, vicino Mantova, c'era stato un terremoto, si sono attivati e hanno iniziato a raccogliere fondi, fino a spedire 1.500 euro. I loro volti sono stupendi. Nei loro occhi e nel loro canto la vita.
Manuel sta iniziando a tirare qualche somma, riflessioni ancora molto a caldo. E così svela il diverso valore del tempo tra Haiti e i nostri ritmi.
Il 13 agosto si stringono i tempi per fare gli ultimi incontri. È la volta di don Mauro e di Merales, Sentales e Nonord. Raccontano di come si gestisce la formazione per poi trovare un lavoro a Mare Rouge senza passare dai boss locali. Manuel tocca un altro argomento delicato, ma molto "italiano" e per certi versi anche meno rilevante: i volontari che non vogliono apparire.
«Tu devi svestirti degli abiti del giornalista – spiega a Manuel don Giuseppe -, ascoltare, entrare in armonia nell’ambiente dove sei, renderti presente ma invisibile. E poi raccontare». Siamo pieni di rigidità e regole senza senso e a volte emergono anche dove non solo non servono, ma urtano le sensibilità.
È il giorno anche del racconto di un ex magistrato locale. "Feryl Silva lancia anche un doppio
messaggio, come politico e come uomo che ama la terra dove vive: «Il primo messaggio è al mondo: si deve continuare ad aiutare Haiti non solo economicamente ma creando rapporti positivi, sorreggendo la popolazione e camminando con lei. L’altro messaggio è al popolo haitiano: deve credere di più che si possono fare le cose insieme. Dobbiamo sostenere la gente del posto perché ci rappresenti attraverso lo Stato. La vita sociale è la dimensione ideale dove crescere, dove far nascere lo sviluppo e costruire un futuro»".

Questo è anche il giorno della partenza per un lungo viaggio di quasi tre giorni. Uno intero per rientrare nella capitale e poi da lì tre scali fino a Malpensa. Manuel sarà a casa nella tarda serata di domenica. E da allora inizierà una nuova avventura. Racconterà ancora della sua esperienza, ma soprattutto della vita ad Haiti. Seguiamolo.

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