Tomas Borge, secondo da sinistra, tra Umberto Ortega e Sergio Ramirez |
La mattina stessa avevo parlato dell'incontro che avevo avuto con lui, quando avevo solo vent'anni.
Era una sera di inverno del 1979 in un teatro a Torino.
Ricordo come ora alcune sue parole sulla passione che lo aveva animato quando, rimasti solo in sei, avevano creduto possibile cambiare il loro paese e per questo avevano fondato il Fronte Sandinista. Ma soprattutto alcune sue parole mi erano entrate in profondità. "Mi hanno torturato e ridotto in fin di vita, hanno ucciso i nostri figli, ma proprio per questo, quando ho visto negli occhi il mio carnefice gli ho detto che non lo avremmo ucciso. Avrebbe lavorato per il resto della sua vita per tutti i figli nicaraguensi per assicurare loro un futuro migliore e più giusto".
Da queste parole semplici, ma scolpite nel cuore di quell'uomo che aveva lottato tutta la vita per la libertà del proprio paese, si può comprendere il perché di tanta passione nei suoi confronti, anche a migliaia chilometri di distanza.
In Nicaragua è giorno di lutto, ma ha ragione la Murillo, moglie di Ortega, quando usa le parole stesse che Borge aveva dedicato al suo amico Carlos Fonseca. Ci sono uomini, che per le loro idee, non muoiono mai.
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