Interessante, salvo però due cose che fanno davvero pensare. La prima è che come sempre si parla del Guardian, del New York Time e non si comprende come i giganti dell'editoria non sono l'unico punto di osservazione di un fenomeno. Per capirlo basti pensare a come sarà stato visto Facebook all'inizio e cosa rappresenti ora.
Occorre andare a scovare esperienze minori e comprendere come possano vivere. Un esempio sempre più evidente inizia ad essere, pur nel suo piccolo, Varesenews. Il locale fa fatica, ma non è mai considerato. La ragione è abbastanza chiara. Granieri, uno dei più esperti conoscitori del mondo digitale, analizza e studia documenti di altri. Come fanno in molti, non lavora sul campo e quindi fatica a considerare esperienze minori.
Occorre andare a scovare esperienze minori e comprendere come possano vivere. Un esempio sempre più evidente inizia ad essere, pur nel suo piccolo, Varesenews. Il locale fa fatica, ma non è mai considerato. La ragione è abbastanza chiara. Granieri, uno dei più esperti conoscitori del mondo digitale, analizza e studia documenti di altri. Come fanno in molti, non lavora sul campo e quindi fatica a considerare esperienze minori.
L'altro aspetto significativo è la contraddizione e il paradosso che anima la Rete e l'informazione.
Pensate per un attimo al fatto che L'Espresso paga (giustamente) Granieri per un pezzo sul proprio settimanale, e aspetta a metterlo online per non bruciare "la carta". Poi se lo ritrova integrale da subito in tutta una serie di rassegne stampa online. Come lo fermi un tale fenomeno?
Non lo fermi. Allora occorre davvero ripensare a modelli e comportamenti. Io credo che una bella strada da percorrere la cita proprio Giuseppe nel suo pezzo.
«Al “Guardian”, così, provano a costruire un modello intorno ai propri lettori. La domanda che si pongono, per guardare al futuro, è quella corretta: “Il tuo giornale ha bisogno di te. Ma tu hai bisogno del tuo giornale?”. I primi risultati sono incoraggianti: i lettori si dimostrano disponibili a costruire una “relazione speciale” con la testata offrendo, come ha scritto Charlie Beckett, “lealtà in cambio di giornalismo che porti valore aggiunto”. Così la sfida è quella di trasformare il “lettore del “Guardian”", facendolo diventare “membro del “Guardian”"».
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