La Mastrocola prova a non dare giudizi diretti, ma non le riesce.
Si percepisce da subito il suo spingersi nel territorio del rischio dell'uso di Facebook. Per carità, uno sguardo critico in quella direzione è solo salutare, ma così serve a poco.
Facebook può aiutare a superare la solitudine, ma per l'autrice resta uno strumento effimero e pericoloso.
La storia è semplice. Evandra vive in un piccolo paese del centro Italia e resta vedova quando una donna è ancora piena di energia. La sua unica attività è andare al cimitero e passare lì ore e ore per poi ritirarsi a casa. Ha solo un'amica, troppo indaffarata tra lavoro e ricerca di uomini per prestarle maggiori attenzioni. La sua vita era il marito e così dopo la sua scomparsa tutto crolla.
Nella sua semplicità, quell'appuntamento con il defunto le risolve tutto. O così sembra, perché quando piove si sente persa. L'amica le consiglia di iscriversi a Facebook e poi scarica sul collega l'onere di insegnarle come utilizzarlo.
Per Evandra è un mondo misterioso e poco alla volta ne rimane incantata fino a diventare per lei quasi la vita. Incontri negativi, dipendenza, giudizi sommari, sono alle porte e arrivano puntuali nell'intreccio della storia della protagonista e della Mastracola.
Come tutte le fiabe, di cui l'autrice è maestra, anche qui c'è l'incontro con l'orco (che nel mondo moderno è un grezzo camionista esperto utilizzatore di Facebook), con il "brutto anatroccolo" o "capuccetto rosso" a seconda di come lo si voglia vedere. Ma di fondo c'è il demone, lui Facebook così accattivante e così pericoloso.
È un bene che si inizi a fare letteratura sui social network, ed è bene anche criticarli. Il libro della Mastrocola fa l'uno e l'alro, ma lo fa in modo troppo superficiale. Si capisce molto bene come lei non utilizzi Facebook, e infatti non ha un suo profilo. Il social network è un fenomeno recentissimo e molto complesso per essere trattato con una simile superficialità come emerge dal libro. Peccato.
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