sabato 15 gennaio 2011

L'albero dei mille anni

Era tanto che non mi capitava di restare inchiodato alla lettura di un libro. Ho dovuto farmi forza per interrompere L'albero dei mille anni.
"Due parole e la vita deraglia. Bastano due parole a cambiare la nostra esistenza e stravolgerla per sempre. Non avevo mai immaginato potesse accadere così". E, una dietro l'altra, le 326 pagine del libro di Pietro Calabrese scorrono veloci.
Dobbiamo un grandissimo, immenso grazie a quest'uomo. Come lo dobbiamo a Jean-Dominique Bauby per il suo Lo scafandro e la farfalla e a Tiziano Terzani per Un altro giro di giostra e La fine è il mio inizio. Uomini con il dono della parola, della capacità di trasmettere emozioni, ma che hanno dovuto affrontare il dolore assoluto che li avrebbe portati alla morte.
Terzani e Calabrese hanno condiviso, oltre alla professione, anche l'età. Morire a 66 anni oggi sembra assurdo, ma il cancro non passa dall'anagrafe prima di scegliere a chi far visita.
"All'improvviso un cancro. La vita all'improvviso". Non poteva scegliere miglior titolo Pietro Calabrese che in più di un passaggio scrive "Non è vero, non può essere capitata a me una cosa come questa". E invece è così. Un tumore ha preso posto come un terribile spettatore dentro il polmone destro. Non è operabile. Il giornalista, andato in pensione da poco, dopo una carriera prestigiosa, decide di scriverne su una rubrica del magazine del Corriere della sera e poi di farne un libro.
"Anche a questo, credo, servono le malattie gravi: ad aprirci gli occhi e magari, se sei fortunato, a farli aprire anche agli altri". L'albero dei mille anni è il dono che ci lascia Calabrese che, con un coraggio emozionante, racconta giorno dopo giorno la sua battaglia contro il tumore, "arrivato addosso all'improvviso come un treno in corsa". Un treno che permette però di aprire tante riflessioni. Animano l'autore e con lui il lettore. E così diventa possibile comprendere più a fondo che "pensiamo il bello e il buono sono sempre altrove, lontano da noi. Invece sono qui, davanti a noi, ai nostri piedi, e non ce ne accorgiamo finendo col calpestarli e ucciderli".
Possiamo fare diversamente. Il libro di Calabrese ci può aiutare a pensarci.
Ha fatto appena in tempo a veder finito il suo ultimo lavoro, prima che il cancro si suicidasse, e ci portasse via anche lui. Grazie davvero Pietro.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho letto la settimana scorsa questo libro. Al di là della dolorosa vicenda personale dell'autore ciò che mi ha colpito è la grande lezione che ci lascia.
Lo sappiamo tutti dentro di noi ma ce ne dimentichiamo perchè presi da mille altre cose (sempre più urgenti e sempre più importanti!): le piccole cose, il qui ed ora, i rapporti umani, le meraviglie della natura e dell'ambiente che ci circonda. Sono cose che diamo per scontate, forse banali, forse tanto "normali" per dargli importanza. Ma nel momento in cui i nostri giorni sono contati aggrapparci a loro è essenziale.La vita potrebbe finire domani. Cosa resterà di noi? Ciò che abbiamo avuto, posseduto, o le relazioni umane che avremo saputo costruire?
Libro da leggere.
Consiglio (a chi interessa) I MIEI MARTEDI' COL PROFESSORE di Mitch Albom. Un'altra grande lezione di vita. Ciao a tutti. Daniela

Anonimo ha detto...

E' un libro che non dimentichi. La morte trattata come la vita, con le dolcezze e le disperazioni, la tristezza e l'allegria. Sì, la cosa che più mi ha colpito è che Pietro Calabrese ha espresso ironia anche nella terribile lotta contro il cancro.