sabato 1 maggio 2010

Viva Camilleri

Il suo personaggio più popolare, il commissario Montalbano, è entrato nelle case di tutti gli italiani. Le sue storie sono diventate un caso editoriale e poi un grande successo televisivo.
Andrea Camilleri arriva nel Varesotto per ritirare il Chiara alla carriera. Lo accoglierà Luino, la patria del nostro popolare scrittore che così bene ha descritto abitudini, tic, espressioni della gente della sua terra.
È una festa grande per gli amanti della cultura.
Ci sono diverse ragioni di fascino in questo incontro con lo scrittore.
Camilleri venne scoperto da Gianni Riotta che, da buon siciliano, lesse Il birraio di Preston mentre era su un aereo diretto a New York dove lavorava. Il giornalista restò fulminato e la sua successiva recensione fu l’inizio del più grande successo editoriale in Italia degli ultimi 15 anni.
Quel libro, al di là della bella storia che racconta, è un manifesto di un modo di far uso dell’italiano.
Fa emergere tutta la capacità affabulatrice di Camilleri che è una delle ragioni del successo.
Lo scrittore ha il merito di aver reso nobile il dialetto, e lo ha fatto con uno di quelli più ostici come il siciliano. Il suo uso non è un’alternativa folkloristica all'italiano. Con lui il dialetto diventa una varietà della lingua nazionale con la stessa dignità e le stesse possibilità stilistiche. Un’operazione che permette alla storia linguistica italiana e alla dialettologia di non guardarsi più in cagnesco.
Camilleri dà valore al suo siciliano e con coraggio lo mescola all’italiano, ma anche alle espressioni discutibili come quelle di Catarella, il personaggio più rocambolesco e divertente delle storie del commissario Montalbano, che utilizza un italiano maccheronico, misto al dialetto. “Dottori, lei putacaso mi saprebbi fare la nominata di un medico?”
Camilleri gioca con le parole e il dialetto senza mai alzare steccati culturali. Il suo mescolare storie personali, storiche e sociali con l’uso di un linguaggio originale, al tempo stesso legato alle tradizioni dei luoghi, ricorda tanto l’attenzione che si mette al dialetto anche dalle nostre parti.
La differenza di Camilleri sta però nel valorizzare le tradizioni senza perdere l’importanza e il valore dell’Unità d’Italia. Il dialetto diventa così non un elemento di divisione, ma una caratteristica propria del territorio la cui cultura si fa però universale.
Le sue storie sono attente all’inclusione sociale, sono contro ogni sopraffazione e discriminazione.
E non è un caso che l’editore palermitano Sellerio, oltre a Camilleri, abbia pubblicato con coraggio il primo romanzo della nostra Laura Pariani, che scrive in lombardo lunghe parti dei suoi racconti.
Va dunque riconosciuto il merito agli organizzatori del Premio Chiara di aver invitato Camilleri a Luino, perché l’incontro tra culture è quanto di più affascinante esista.

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