La speranza di vite "strampalate" di quel film, che lo fece conoscere al grande pubblico, sono sostituite da quelle più ordinarie di Cosavogliodipiù.
In questo film non c'è liberazione, ma solo disperazione e non può bastare la passione dei corpi a colmare l'assenza di responsabilità dei protagonisti. Anna e Domenico si incontrano e scoppia una pulsione sessuale potente, ma senza eccitazione, se non la loro che era lì pronta a esplodere come un bisogno ormai da troppo represso. Anna per via del suo compagno delizioso, ma ormai quasi alla pace dei sensi, se non per un desiderio di famiglia e paternità. Per Domenico invece è un tram tram, fatto anche di difficoltà economiche, con due bambini piccoli e una vita che appare piatta e che è la stessa di tanti.
Un affresco piccolo borghese che diventa potente nella relazione tra i due amanti. Non c'è alcun dialogo e parlano solo i corpi di soggetti incapaci di reale cambiamento. Incapaci, loro malgrado, di assumersi responsabilità. Più che innamoramento appare un bisogno di fuga, di passione, di via di uscita senza ripensare e riformulare niente. Non c'è sogno, non c'è speranza e le grigie periferie con le case acquistate con mutui sudati sulla propria pelle e legati a lavori piatti sono il simbolo più forte di questa narrazione.
Una società incapace di futuro, forse proprio come quella che ci viene presentata ogni giorno.
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