venerdì 23 aprile 2010

Abbiamo bisogno del venticinque aprile

Non è una semplice ricorrenza. Sessantacinque anni dopo la liberazione dal nazifascismo ci si divide ancora. Si fa la conta dei morti. Si chiede di dare pari dignità al sangue versato da una parte e dall’altra. Si prova a rileggere la storia come se, con regole nuove, questa “partita” potesse disporre di tempi supplementari che potrebbero cambiare il risultato.
C’è chi, ancora peggio, tenta di rimuovere tutto negando quanto successo.
Il venticinque aprile divide ancora molto. Eppure è una di quelle date di cui c’è davvero tanto bisogno. Da parte di tutti, perché quella è una partita chiusa per ciò che riguarda la storia, ma apertissima per ciò che riguarda le nostre vite di tutti i giorni.
La Liberazione da quel periodo buio, terribile, nefasto, portatore di morte che ci condusse alla seconda guerra mondiale è giorno di festa. La Liberazione dal nazifascismo si è compiuta sessantacinque anni fa e, dopo esser stato a lungo una giornata di memoria, adesso può diventare riflessione sul nostro presente e sul nostro futuro.
L’Italia deve molto a quel periodo e la Repubblica nasce grazie alla sofferenza, ma soprattutto alla speranza di molti.
La storia è una cosa viva perché ci riguarda tutti, perché ci permette di capire la dimensione collettiva. “La storia siamo noi, nessuno rimanga escluso”, come canta De Gregori.
Oggi però non abbiamo bisogno di quel venticinque aprile per continuare a dividerci tra vincitori e vinti. Neppure per continuare a ricercare una riappacificazione che faccia mediazioni dove non si tratta affatto di scomodare la matematica. E’ di una tristezza disarmante il dibattito di chi, di fronte all’immane tragedia dello sterminio di esseri umani, replica sempre invocando un’altra strage dimenticata, un ricordo diverso.
Abbiamo bisogno del venticinque aprile per superare le divisioni, perché la libertà, la democrazia, l’uguaglianza sono valori fondamentali da cui non si può e non si deve derogare mai. Non appartengono a una delle parti, non sono patrimonio solo di qualcuno.
Questo non è scontato, perché per molti di fronte alle paure, alle incertezze, alle tensioni, il fascismo può rappresentare ancora una risposta. L’uomo forte è un simbolo che rassicura. Fissa con determinazione ciò che è bene e ciò che è male. Assumendo il comando semplifica tutto. Non è per niente detto che serva la violenza, quanto meno nelle forme fisiche che conosciamo. Questo fascismo oggi non ha colori, non ha longitudini. Sta annidato e calmo e non è uno scalmanato come le camicie nere del ventennio.
Questo fascismo è l’antitesi della speranza di cambiamento, della crescita delle persone . E’ l’antitesi della spiritualità. Fornisce risposte semplici perché nessuno deve mettere in discussione la bontà delle scelte di chi lo fa per il “bene di tutti”.
Ogni momento storico ha il suo fascino e porta con sé speranze e pericoli. Quello attuale è condizionato dalla velocità, dalla diversa percezione dello spazio e del tempo. I riflessi immediati sono sotto gli occhi di tutti. Viviamo in un mondo globalizzato dove valori, tradizioni, significati, si mescolano e non potrebbe non essere così. Le radici che per secoli sono state ragioni di certezza, di solidità sembrano vacillare e la paura assume un ruolo da protagonista. Ci sentiamo tutti più insicuri e in un certo senso più fragili. In questa società “liquida”, come la definisce il sociologo Bauman, il concetto di radice funziona meno. E questo spaventa.
In un quadro così è più facile credere che le parole forti, l’uomo forte siano una possibile risposta giusta. Ci permettono una sorta di delega che deresponsabilizza. Quel fascismo è nell’aria come le polveri sottili. Dobbiamo prestare attenzione e non permettergli di avere il sopravvento. Entra dentro ognuno di noi molto più di quanto si possa credere. Per questo abbiamo tutti una grande responsabilità, che non ci permette di derogare ai principi fondamentali, affinché non si ripetano mai più momenti bui e torbidi come quelli sconfitti il venticinque aprile.

1 commento:

VaredoFutura ha detto...

http://varedofutura.blogspot.com/2010/04/e-adesso.html