venerdì 26 marzo 2010

Paura e cambiamento

Si alza tutte le mattine all’alba. Per raggiungere il posto di lavoro deve fare un centinaio di chilometri. Trent’anni, ancora precario. Non è la storia isolata di un ragazzo che deve trovare un impiego sicuro, stabile, che gli dia maggiori garanzie. È la condizione di tanti della sua età e lui ha rivolto una domanda ai candidati che siederanno nel prossimo Consiglio regionale su cosa si possa fare per cambiare questa situazione.
Molti suoi amici hanno deciso di lasciare il Paese perché, a torto o ragione, qui non vedono futuro. Una scelta che non ha nulla di negativo, ma che rischia di diventarlo se non si vedono alternative.
Quando le incertezze si trasformano in paura tutto diventa più difficile. E tanti, troppi, sentono lontana la politica. Sentimenti che non riguardano solo le giovani generazioni, ma tutte le persone che giorno dopo giorno temono che il domani riservi solo incognite e pericoli.
Negli ultimi quindici anni è cambiato tutto. La Lombardia ha appena raggiunto i dieci milioni di abitanti. È una regione tra le più ricche del mondo eppure è sempre più forte la paura del futuro.
A due giorni dal voto serpeggia la preoccupazione di un forte astensionismo. Ognuno ne dà una propria lettura. Ci auguriamo che sia solo una percezione e che i cittadini facciano la propria scelta nel modo più consapevole possibile. La sfiducia nella politica è pericolosa perché spesso è l’anticamera della sfiducia delle istituzioni e questa non porta mai niente di buono.
Il non voto prima ancora che elemento di protesta somiglia a una rinuncia, a una sempre maggiore sfiducia. Un indicatore importante di scollamento sociale, di disinteresse.
Un forte astensionismo nell’immediato sarebbe una sonora sconfitta per chi governa, ma un segnale di quel tipo dovrebbe preoccupare tutti. Non si possono nascondere i problemi sempre prendendosela con l’altro o promettendo l’impossibile come risolvere la malattia del secolo nella prossima metà della legislatura. Non si possono agire sentimenti ed emozioni alternando la paura, che ha sempre una presa sulla cosiddetta “pancia” del Paese, alla richiesta di un amore di tipo fideistico.
C’è bisogno di più e non di meno politica. C’è però ancor più bisogno che questa inizi ad affrontare i problemi concreti e dia speranza ai cittadini perché guardino al futuro non con la paura, ma con fiducia che cambiare è possibile.

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