mercoledì 24 marzo 2010

Lo spazio bianco

Devo a Francesca Comencini e a una carissima amica, che porta lo stesso nome della regista, la lettura di Lo spazio bianco. Non ho visto il film. Il libro di Valeria Parrella è bellissimo. Lo si legge tutto di un fiato. Racconta di Maria e della sua bambina Irene che nasce prematura e lotta tra la vita e la morte. Questa narrazione è inframmezzata dal lavoro della protagonista e da alcuni passaggi della sua formazione.
Una scrittura semplice, asciutta, intensa. "Non sono buona ad aspettare. Aspettare senza sapere è stata la più grande incapacità della mia vita. Nell'attesa ho avuto lo spazio per costruire enormi impalcature di significato, e dieci minuti dopo farle crollare, per mia stessa mano. Poi riprendere da un punto qualunque, correggere il tiro di qualche centimetro per rendere la costruzione immaginata più solida. Vederla crollare di nuovo".

È una vita anche di rinunce quella della protagonista. Fin da ragazzina ci ha dovuto fare i conti. "Con le cose buone della vita io non ero mai stata indulgente. Forse credevo di più alle sconfitte, sapevo affrontarle meglio: erano come le temevo, cioè come le avevo immaginate. Intorno alle cose facevo dei lunghi giri larghi tenendo sempre gli occhi altrove".

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