L'inquietudine dei protagonisti e il loro rapporto con i genitori. Il distacco dalla propria città e il bisogno di tornare a farci i conti. Un'analisi delle relazioni e del ruolo della famiglia.
Io, loro e Lara racconta di don Carlo, missionario in Africa che torna a Roma con una crisi di identità che scalfisce la sua fede. Ritrova una famiglia disattenta e in preda a deliri di ogni tipo. Un padre ex generale che riscopre un'energia vitale che i figli rifiutano. Una sceneggiatura non sempre all'altezza, ma con un Verdone superlativo.
La prima cosa bella si snoda su due periodi storici diversi. Bruno, uno dei protagonisti, ripercorre le gesta della sua famiglia dal 1971 al 1990 e poi negli ultimi giorni di vita della madre ai giorni nostri. Lui, in crisi su tutto, dopo il liceo aveva abbandonato la sua Livorno per poi tornarci ad assistere la mamma.
Virzì abbandona così i temi sociali che hanno contraddistinto le sue pellicole per entrare nelle emozioni di due bambini poi adulti.
Nei due film ci sono affreschi di una società che è cambiata. È lontana gli anni luce quell'immagine della famiglia così tanto cara al mondo cattolico. Si è alle prese con fenomeni sociali davvero nuovi che creano spaesamento.
Non sono grandi film (con Verdone e Mastandrea comunque strepitosi) ma meritano comunque di esser visti.
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