sabato 22 agosto 2009

Il Dio delle carrette

Se Dio decidesse di rimandare il proprio figlio sulla terra il calmiere delle ragioni sarebbe colmo. Dopo duemila anni la sua nascita si sposterebbe di poco da Betlemme e il suo calvario potrebbe aver luogo su una delle tante carrette che trasportano i "disperati" del sud del mondo.
In mare, dopo giorni di stenti, e dopo aver subito ogni tipo di violenza, nell'esalare l'ultimo respiro il suo pensiero sarebbe rivolto ancora al Padre implorando per tutti coloro che, in qualche misura, sono stati responsabili di quella fine terribile: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno".
A molti non gliene può importare di meno del regno dei cieli e quindi per loro i versetti di Matteo sul giudizio universale sono parole sprecate. La morte dei migliaia di uomini, donne, bambini che fuggono disperati da paesi in cui la violenza e la fame sono all'ordine del giorno, ai più sembra non interessare.
La Lega sta facendo la propria fortuna su questo sentimento diffuso di indifferenza quando non addirittura di aperto razzismo e xenofobia. La messa online del gioco "Rimbalza il clandestino" su Facebook da parte dei giovani padani, con il beneplacito del figlio del senatur, è qualcosa che fa gelare il sangue nelle vene.Si è persa ogni umanità, è scomparsa ogni forma di pietas e l'altro, il diverso, diventa solo il facile bersaglio, proprio come in un videogioco.
Le ragioni di quanto stiamo vivendo sono profonde. I processi di cambiamento disorientano e questo paese non è più quello di soli venti anni fa. Di fronte a tale scenario le vecchie risorse di pensiero e di azione non bastano più per fronteggiare nuovi fenomeni che possono scatenare paure e insicurezze. Ma a tutto c'è un limite e ora lo si sta oltrepassando ogni giorno e le risposte ai problemi sono più inquietanti dei problemi stessi.
Chi governa compie delle scelte. Ha la legittimità popolare per farlo, ma questo non può dar mai ragioni per calpestare i più elementari diritti umani. Una società avanzata, oltre a tutelare i propri cittadini con norme sulla sicurezza, ha il dovere di prendersi carico di rischi proprio in virtù della propria maggiore consapevolezza e ricchezza. L'Italia non solo non lo sta facendo a nessun livello, ma sta coltivando ogni forma possibile di indifferenza e di mistificazione dei fatti. E, pur avendo anch'essa qualche responsabilità, fa bene la Chiesa a levare potente la propria voce.
La colta e magnifica civiltà tedesca solo settanta anni fa si è macchiata dello sterminio di milioni di esseri umani. Nella civilissima Bosnia non sono passati venti anni da una guerra etnica agghiacciante.
Quando l'uomo non sente più l'esigenza di conoscere e quindi assumere consapevolezza, il buio ha gioco facile a prendere il sopravvento e la vita assume caratteri molto diversi da quelli che si va tutti professando.
Non si può lasciare che questa cultura di morte passi, ne va dell'umanità di tutti e non solo dei disperati che muoiono inermi nei nostri mari. Una terra che non accoglie diventa inospitale per tutti e non solo per chi non ci è nato. Un paese che perde sempre più giovani che vanno all'estero alla ricera di un po' più di speranza si impoverisce. Un paese che non guarda in faccia alla propria vera condizione non potrà preservare nessuna tradizione, perché rischia di portare nel proprio grembo solo i germogli della morte.
E quel Dio che duemila anni fa si fece uomo, sa bene cosa significhi portare la croce e arrivare di fronte al giudizio universale. E per quanti non ci credono non fa grande differenza perché risponderanno comunque alla propria coscienza.

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