Sofri utilizza lo stile di una lettera, di un racconto a una giovane che non era ancora nata e che poco conosce di quell'epoca storica. Puntiglioso, analitico fino all'eccesso, il libro si snoda sui fatti di quei giorni immediatamente dopo la strage di piazza Fontana. Le pagine corrono a lungo come fosse un giallo, poi prendono il ritmo della ricostruzione storica e sociale, poi il taglio si fa politico fino a quello più "intimo", personale per arrivare a quella pagina che tanti potevano aspettarsi. Una domanda terribile che riguarda direttamente Sofri al di là della morte di Pinelli. Ma allora sei o meno colpevole della morte di Calabresi? E l'autore con rispetto e onestà risponde. "Io ho questo concetto della corresponsabilità: che se qualcuno traduce in atto quello che anche io ho proclamato a voce alta non posso considerarmene innocente e tanto meno tradito. Ne sono corresponsabile. Solo di quello, del resto, e non di altro. Di nessun atto terroristico degli anni '70 mi sento corresponsabile. Dell'omicidio Calabresi si, per aver detto o scritto, o per aver lasciato che si dicesse e si scrivesse, «Calabresi sarai suicidato».
Non sveliamo quale sia il pensiero invece sulla morte di Pinelli. Anche qui Sofri è abile e molto fine. C'è una grande umanità, un'onesta intellettuale profonda e il coraggio di non rinnegare niente, ma di sapersi guardare indietro con coraggio. Il libro va letto e diventa un altro tassello importante per conoscere e capire cosa siano stati quegli anni.
Nessun commento:
Posta un commento