venerdì 12 dicembre 2008

L'ultima copia del Los Angeles Times

Vittorio Sabadin due anni fa, nel suo libro L'ultima copia del New York Times, aveva raccontato dei nuovi scenari che i giornali della carta stampata avrebbero dovuto affrontare con l'avvento di Internet. In questi giorni si parla molto del rischio di chiusura del Los Angeles Times. Su questo Federico Rampini e Luca De Biase hanno scritto importanti riflessioni.
"Se il calo della redditività della carta stampata dovesse un giorno spingere il New York Times, il Wall Street Journal e tanti altri (noi compresi) sulla stessa china del Los Angeles Times, chi fornirà la materia prima di cui si occupano i milioni di blog nel mondo?" si chiede Rampini.
De Biase riflette sul ruolo degli editori e dei giornalisti. "Il problema è che il primo nemico di questa informazione di qualità è stato un modo di fare gli editori orientato più agli interessi imprenditoriali o politici degli azionisti o all'avidità dei mercati finanziari che al servizio per il pubblico. Questo ha risucchiato risorse che non sono andate a salvaguardare la qualità dell'informazione. Purtroppo, ci si sono messi spesso anche i giornalisti ad andare in direzioni diverse. La tecnologia non è certo stata un ostacolo all'informazione".
Gli scenari che si aprono sono davvero complessi e pericolosi, ma ha ragione De Biase quando afferma che non si torna indietro e "la soluzione sarà chiara nel momento in cui si troverà il modo di presentare l'informazione di qualità come una risorsa che il pubblico tornerà a voler sostenere economicamente. Nel frattempo dovremo tutti rimboccarci le maniche. Perché quel momento non arriverà tanto facilmente".
La sfida affascinante, oltre alla centrale questione economica, è contenuta in una "parolaccia": crossmedialità. Un diverso rapporto tra carta stampata e web, tutto ancora da scoprire e praticare, è un tassello fondamentale per superare la crisi pesante dell'informazione. Finché a farla da padrona sarà la paura di perdere copie da parte dei giornali cartacei non si faranno reali passi avanti. E lo stesso si può dire per lo snobismo un po' elitario e autoreferenziale di chi lavora solo sul web.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Marco, e' sempre curioso leggere che cosa gli altri pensano della tua professione, perche' si capisce se sei utile o non lo sei. Ho letto, da lontano, la risposta di Claudio Del Frate. Non la condivido quando si scaglia cosi' nettamente contro il web, perche' e' inutile nascondere che la tecnologia plasma anche il modo di fare informazione, ma basta che poi la componente umana limiti questa invadenza agli aspetti tecnici. Condivido invece totalmente le parole di Claudio quando dice che il tutto gratis e' portatore di rovina.
Non e' solo una questione di portafoglio, benche' poi tutti si debba campare. E ' invece una questione di qualita'. Si deve capire che per far crescere qualcosa di buono soprattutto nel campo dell'informazione bisogna investire in chi lavora, in chi studia, in chi fa tecnologia. Chi fa le cose gratis le fa per qualsiasi causa, tanto non gli cambia nulla. Lo puo' fare per passione ma anche per guastare la festa a qualcuno, per informare i lettori/cittadini o solo per narcisismo. Il punto, secondo me, sta sempre nella dignita' delle persone che va rispettata, sia di chi fa il giornalismo sia di chi legge. E tagliando sui costi non lo si ottiene, perche' e' la qualita' delle persone e del prodotto informazione che garantisce dignita'.
Ho visto che molti hanno commentato questa querelle fra giornalisti. E non vedi quanta disillusione c'e' verso la nostra professsione? Avrei comunque molte cose da rispondere a chi da' a noi giornalisti dei venduti, dei politicizzati, degli ignoranti. Ma mi fermo qua e aggiungo solo per queste persone, che pur in parte possono avere ragione: quel disastro che voi denunciate nel mondo della informazione, non e' forse lo specchio di tutto quanto il nostro Paese dove non funzionano da anni i treni pendolari, dove la principale compagnia aerea e' sull'orlo del fallimento da dieci anni, dove si sciopera contro ogni riforma, e dove nonostante questo al governo si alternano sempre le stesse facce, di qua e di la, da quasi 15 anni a suon di voti popolari?
Ciao Marco, e a presto

Alessandro Franzi