Ma che noia. Oggi sul domenicale del Sole 24ore c'è un lungo articolo di Andrea Bajani che racconta la sua avventura su Facebook. Il suo attacco racconta che "da settimane incontro soltanto persone che mi dicono disperate che vogliono uscire da Facebook ma non riescono a farlo. Lo dicono con gli occhi sbarrati e l'espressione di chi chiede aiuto da dietro le inferriate di una galera. Mi sembrano i detenuti che dall'alto urlano a chi passa lì sotto infilano le braccia oltre le sbarre a rimestare nell'aria. Hanno tutta la disperazione di chi sa che il secondino se n'è andato lanciando le chiavi nel fiume".
Entra poi nei dettagli della sua esperienza e, per chiudere con grande citazione di Foucault, fa un altro passaggio sulla "disperazione" prodotta da Facebook.
"Ecco, dopo due mesi ho così chiesto disperato ai miei amici di uscirne. E loro disperati, con gli occhi sbarrati, mi hanno detto che non sanno come fare, che ci hanno provato ma non capiscono come si fa, quale procedura si debba seguire. Ne parliamo su Facebook, ciascuno dietro la propria inferriata, le braccia oltre le sbarre a rimestare l'aria".
Proprio ieri, in redazione, nella pausa di pranzo, con chi lavorava abbiamo parlato di Facebook e ci dicevamo un po' irritati di quanta parte di diverse conversazioni, da tempo, ruotino eccessivamente intorno alle attività su questo social network. C'è quindi davvero attenzione e voglia di confrontarsi. Quello che da molto fastidio è questo fare intellettualoide che poi mostra tutti i limiti nei fatti. Uscire da Facebook è semplice bastano due click. Si va sul proprio account e si clicca su disattiva. Più facile di così. Non ci credo che uno intelligente come Bajani non ne sia stato capace. Inoltre se l'autore dell'articolo pubblica libri, scrive articoli, si occupa spesso di giovani, come può esser stupito che poi lo cerchino persone a lui sconosiute? I libri li scrive forse solo per i suoi amici e conoscenti reali, che incontra ogni settimana? Ma va là. Bajani, come tanti è un furbetto e sa che oggi parlare di Facebook "tira" e allora giù a raccontare la sua galera. Bajani è bravo e ha una scrittura meravigliosa. Lasci ad altri il compito di banalizzare o fare del facile costume.
Ora, anche il mio post è una contraddizione. Ho dedicato qualche minuto alla lettura dell'articolo e altri alla scrittura, ma credo che se a qualcuno non piace Facebook è sufficiente non usarlo. E se invece ci si vuole scrivere su, liberi di farlo, ma senza farne un semplice esercizio di stile. Ogni contributo è utile a capire la cultura digitale e i nuovi fenomeni che Internet ci costringe a conoscere. Contesto solo il sensazionalismo.
Sono ben altre le sensazioni e le realtà che vive chi sta dietro le sbarre. Altro che la priione di Facebook.
1 commento:
Disattivare non equivale cancellare per amore di precisione :)
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