La Cina in vespa è il quarto libro per Giorgio Bettinelli. L'avventura letteraria, a cavallo del popolare scooter della Piaggio è iniziata nel 1997 con In vespa. Da Roma a Saigon. Sette anni dopo è arrivato Brum brum, 254.000 chilometri in vespa e l'anno dopo Rhapsody in blak, In vespa dall'Angola allo Yemen.
Quattro libri, tutti per la Feltrinelli che sono diventati oggetti cult come la creautura uscita oltre 50 anni fa dagli stabilimenti di Pontedera. Bettinelli è molto conosciuto non solo negli ambienti dei vespisti ed seguito da un fans club.
Bettinelli ha sempre narrato il viaggio con una sorta di ironia che intervallava l'avventura con racconti dei territori visitati, delle persone e abitudini di vita incontrate. Un capolavoro Rhapsody in black. Vuoi per la drammaticità da cui partiva dopo una disavventura al limite del rischio mortale, vuoi per la ricchezza del territorio e per la passione della narrazione.
La Cina in vespa è invece una delusione. A parte la furbizia di lasciar fuori tutto il Tibet per scrivere un altro libro, è il ritmo a mancare. Bettinelli si ripete in continuazione. Raccontare la Cina era difficile, ma gli sarebbe bastato rifarsi ad Amelio e allo straordinario film La stella che non c'è. Invece lui si ostina a ondeggiare tra il copia incolla da guide con nomi che al lettore non possono suscitare nulla e qualche riflessione banale di tipo esistenziale e politico. Terribili le decine di pagine sulle sue storie affettive e matrimoniali.
Anche se non si riesce a sospendere la lettura, è un peccato perché non appassiona e ci si può permettere di saltare pezzi senza rimpianti.
Leggerò anche il prossimo perché comunque le imprese di Bettinelli hanno dello straordinario e il suo spirito di avventura merita attenzione, ma stavolta è riuscito a trasmettere davvero poco.
5 commenti:
Trovo anche io che questo nuovo libro sia deludente
Peccato dopo tre libri davvero belli...
ANCHE IO ho letto e commentato l'ultimo libro di Bettinelli
http://lorenzo205.blogspot.com/2008/07/la-cina-in-vespa.html
e anche io ho espresso la mia perplessità riguardo il paragone con le sue precedenti pubblicazioni. Considerandolo un libro a se, senza paragonarlo ai precedenti, non lo trovo così negativo. È differente e molto, questo sì. Anche Bettinelli per forza di cose, dopo tutti questi anni e tanti chilometri, non può essere ancora la stessa persona che è partita tanti anni fa. Alcuni brani tratti dal libro e che ho riportato a mio avviso aiutano a entrare in questo ordine di idee e a meglio "sopportare" le pagine dedicate alla sua vita privata. In fondo viaggiare è di fatto la sua vita e l'amore fa parte della vita, come il viaggio.
Personalmente ho goduto della sua lettura, trovandolo un diario di profonda introspezione, ragionato e scritto in un luogo che invita a tale gioco, e poi la fluidità della sua scrittura e dei suoi pensieri rimangono un raro ed esaltante esempio nella letteratura di viaggio. Ovunque egli vada Bettinelli rimane un uomo integro nella sua umanità, immerso in un proprio mondo che certo non assomiglia a quello di tanti altri, ed è un bene per chi lo legge. E come me lo rilegge.
Sono triste, desolata ma Giorgio non è più con noi,
vola libero come un uccello,
è in viaggio, ma in un altro mondo,
freddo.
Giorgio voleva scrivere un libro sul Tibet,
ma non può più farlo,
ora ha bisogno di dormire.
Non so cosa posso fare per continuare il suo sogno,
alle sue parole e al suo amore verso di noi.
Con queste parole Yapei, la moglie cinese di Giorgio Bettinelli, ha annunciato la sua scomparsa. Una grande perdita, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione sull'uomo, lo scrittore e il viaggiatore.
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