sabato 11 luglio 2015

Via Francigena 22^ tappa: da La Storta a Roma

La sveglia è come sempre alle sei. Oggi è il gran giorno. Mancano poco più di diciassette chilometri a piazza San Pietro. Potremmo prendercela comoda, ma dobbiamo arrivare entro le 12 per poter avere il Testimonium, il documento che viene rilasciato a chi compie un lungo tratto della via Francigena fino a Roma.
A questo si unisce il fatto che Alberto deve rientrare a Treviso per un impegno e che Richard è atteso dalla moglie Marianne e dai suoi due figli.

Si cammina speditamente e a Monte Mario ritroviamo anche Quirino e Luca. Dal colle il quintetto scende compatto e veloce. A un semaforo un romano ci guarda, indica e grida: 
«Aho, ma n'do state annà? Nun cè mica la montagna più avanti…».
È il segno evidente che nella capitale c'è posto per tutti, ma quelli con lo zaino e i bastoni sono ancora considerati un po' troppo esotici.
Mi arriva un messaggio dal mio amico Renzo che si è laureato ieri a Roma ed è ancora in città. Mi chiede se riusciamo a vederci visto che lui e i figli hanno il treno a mezzogiorno.
Sono da poco passate le dieci quando vediamo le mura del Vaticano. Inizia una vera fiumana di gente che allunga la coda per entrare ai musei e andare a vedere la Cappella Sistina. Guardano con curiosità quel nostro incedere a passo rapido in direzione opposta.
Ormai ci siamo. Pochi metri della via Porta Angelica ed entriamo nel colonnato della basilica. Anche qui le persone stanno allungando la fila per entrare a San Pietro. Passiamo oltre e si coglie la tensione in ognuno di noi.
Richard cerca l'obelisco, perché è lì l'appuntamento con la sua famiglia che non vede dalla mattina del sette aprile quando è uscito da casa a piedi per andare a Roma. Noi quattro lo seguiamo, un po' curiosi, un po' a nostra volta carichi di emozione.
Ci sono. Una signora in calzoncini corti con a fianco una ragazza e un giovane sono lì a guardarsi intorno. Quando incrociano gli sguardi con il loro caro a pochi passi si coglie tutta la carica di un momento davvero storico per questa famiglia. Un abbraccio lunghissimo scioglie la tensione di questo splendido sessantenne con cui ho condiviso oltre due settimane di vita.
Noi ci guardiamo e siamo carichi di emozione, ognuno a modo proprio. Ho un groppo in gola che mi stringe. Guardo San Pietro con il bianco del marmo che spicca su un cielo azzurro meraviglioso. Scatto foto in modo perfino compulsivo. Mi guardo intorno incredulo e stupito. Cerco di contenere tutta quella carica che irrompe forte e incontenibile e le lascio lo spazio che chiede. Piango. Guardo gli altri, guardo tanta bellezza e in un attimo mi tornano migliaia di immagini di questi ventidue giorni, dei 560 chilometri, delle decine di persone incontrate e perfino intervistate. Ripenso ai giorni che avevo iniziato a costruire questo progetto. Rivedo i momenti di cammino lungo i sentieri della nostra terra. Le facce di tanti amici increduli e di quelli che hanno condiviso la mia scelta. Ripenso a quando ne iniziai a parlare al giornale. Sto li, un po' inebetito e vinco la fatica girando un brevissimo video e poco dopo, una volta su Facebook, iniziano ad arrivare messaggi. E con loro arriva anche Renzo, in extremis, proprio mentre con gli altri iniziamo a spostarci per andare nella Sacrestia della basilica per ritirare il documento del nostro pellegrinaggio.
Passiamo una sicurezza approssimativa, dove dobbiamo lasciare coltelli e bastoni, e poi le guardie svizzere ci lasciano andare. La burocrazia permetterà solo a uno di noi, e per fortuna anche a Richard, di entrare per l'ultimo timbro sulle credenziali. Gli altri indicano me perché ho fatto il tratto più lungo, e così a malincuore lascio Alberto, Quirino e Luca e mi avvio con Richard nell'ufficio per le ultime procedure. 
È assurdo che la burocrazia e una rigidità senza senso pregiudichi agli altri tre di godere di questo momento. Ma tanto è, siamo in Italia. In ogni caso non ci lasciamo rovinare questo momento emozionante dalla stupida burocrazia. Abbiamo fatto tanta strada per noi stessi, condividendo gioie e dolori, riflessioni e progetti, momenti di vita. Non sono due timbri a rovinare tanta felicità. Certo che poter sostare di fronte alla tomba di Pietro era un riconoscimento importante e privare di questa ulteriore gioia tre persone solo per ragioni di procedure lascia un po' di amaro in bocca.
La piazza si sta riempiendo sempre più di turisti e con loro di questuanti di ogni genere. Ci ricongiungiamo ai familiari di Richard e andiamo in un bar a bere qualcosa. È lì che arriva anche un'altra amica, Mimma, che ha seguito il mio cammino in questi giorni. Con lei abbiamo condiviso una stagione negli scout a Viterbo ormai quarant'anni fa. Gira una bella energia e nei nostri sguardi non si coglie la fatica, ma solo la gioia dell'esser li.
I saluti sono sempre un momento delicato e con i giovani corrono in fretta. Con Richard è diverso. Stiamo li, ci guardiamo a lungo e l'abbraccio lascia sciogliere ancora una volta la forte emozione. Occhi rossi e voci spezzate che devono usare entrambi una lingua a prestito. Lui qualche parola in italiano inizia a dirla, io di olandese non so nulla. 
E li, in via della Conciliazione si dividono le nostre strade. Ricordo come ora la foto all'alba fuori dalla chiesa di Aulla quando con lui c'erano anche Eddie lo scozzese e l'australiano Alasdair.

La Via Francigena per tutti noi è stata una grande esperienza di vita. Non finirà con un semplice saluto e nemmeno con una pergamena appesa in qualche parete. Il cammino apre la porta dell'anima come mi aveva detto Paola mentre eravamo con i piedi a mollo nella fontana di Sarzana.
Il pellegrino è errante e coglie tanti segni che nella vita di tutti i giorni passerebbero inosservati. È anche per questo, unito alla Fede, per chi ci crede, a far di queste persone qualcosa di speciale che fa di certo bene a tutte le società.
Grazie a tutti per quanto avete condiviso con me. Il vostro abbraccio è stato importante e mi fa fatto alzare ancor di più lo sguardo cercando di cogliere tanti altri spunti per i miei racconti.

A presto.

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