venerdì 3 gennaio 2014

Ora tocca a noi


Cinque anni sono molti per continuare a parlare di crisi. Soprattutto con l’idea che poi passerà e si tornerà come prima. Per questo, forse, alcune parole sembrano così magiche e funzionano quasi da anestetico. Tutti aspettano la ripresa e la crescita.
Per carità, ne abbiamo bisogno senza alcun dubbio, ma forse un’ economia che ci faccia stare meglio non dipenderà da queste.
Per un 2014 che segni una vera svolta, possono darci un orizzonte di pensiero diverso due frasi pronunciate in questi giorni. Alberto Ribolla, presidente di Confindustria Lombardia ha detto che dobbiamo passare da un’industria pesante a una pensante. Non è un semplice slogan. È un cambio di passo incredibile per chi, da sempre, ha fatto quasi della sola manifattura il faro dell’economia. L’imprenditore riflette sull’importanza dei saperi, e su quanto le risorse umane connesse alla tecnologia possano segnare la svolta. Usando uno slogan afferma che in azienda occorre “meno tornio e più computer”.
Qui c’è un cambio di passo importante.
In questi cinque anni il mondo è cambiato, ma non per via della crisi. Siamo di fronte a una nuova e profondissima rivoluzione e molti non se ne rendono conto. Siamo passati da un’era analogica a una digitale. Questo è il vero snodo. Un cambiamento di paradigma totale con una velocità che ha disorientato e che sta lasciando fuori dalla porta troppe persone. 
La tecnologia si sviluppa per aiutare a vivere meglio, ma quando modifica in profondità usi e consuetudini può destabilizzare e non esser accettata. Se questo succede alla classe dirigente è un grosso problema perché gran parte dell’energia va dispersa nel vano tentativo di contrastare un processo di cambiamento inarrestabile. Ne abbiamo segni evidenti in continuazione. All’inizio erano solo le percezioni di chi, da anni, lavora nella giusta direzione. Ora sono studi, ricerche e analisi a confermarlo. Un dato interessante è vedere come hanno reagito alla crisi quei paesi che prima di altri hanno accolto i cambiamenti legati al mondo digitale: non solo hanno ripreso a crescere, ma contrastano la disoccupazione incentivando nuove attività e professioni.
In Italia il ritardo è abissale e al digital divide di origine tecnologico si unisce quello culturale. Il vero divario nel nostro Paese è la comprensione del fenomeno, ancor prima delle infrastrutture. Tanto che sta succedendo una cosa interessante, ma pericolosa al tempo stesso. Il ritardo digitale si sta recuperando grazie all’uso massiccio di dispositivi mobili quali gli smartphone e i tablet. Tutto questo però non si accompagna a un cambiamento di visione delle cose e dei servizi. Così ci ritroveremo a rincorrere quanti hanno già occupato posizioni rilevanti. Un esempio su tutti viene da Amazon. Il gigante mondiale di e-commerce ha fondato la propria fortuna sulla capacità di gestire dati. Oggi la sua presenza è formidabile e, con i suoi prossimi sviluppi, rischia di minare alla radice ogni attività di tipo commerciale. Ci vorrà ancora qualche tempo, ma meno di quanto si possa immaginare. 
Di fronte a tutto questo chiudersi e battere i piedi non serve a niente. Una volta per arrestare questo cambiamento, per fermare internet, era sufficiente staccare la corrente. Oggi siamo nella condizione opposta: se la Rete si ferma, la corrente non può venir fornita. Aeroporti, ospedali, linee ferroviarie, scuole, servizi di ogni tipo dipendono da Internet. Se salta la Rete si ferma tutto.
Niente male... Molti non se ne sono accorti. Oltre un terzo della nostra popolazione non ha mai avuto accesso, e solo la metà naviga frequentemente. Se non partiamo da qui dalla crisi, almeno quella culturale, non usciremo mai. Non possiamo permetterci di tenere sconnessi così tanti cittadini. 
Arriviamo così alla seconda frase, uscita dal neo segretario del Pd, Matteo Renzi. “Ora tocca a noi” è una bella assunzione di responsabilità. È una dichiarazione di intenti, ma anche d’amore. Lasciamo stare per un attimo la politica e prendiamo per buona solo la potente affermazione. “Ora tocca a noi” significa tornare a essere protagonisti sul serio. Ognuno nella propria condizione e nel proprio vivere quotidiano. Per poterla praticare appieno occorre avere conoscenza e consapevolezza, e qui c’è il suo punto debole, ma anche il suo fascino. “Ora tocca a noi” significa guardare in faccia le realtà e sapersi confrontare con queste. Non si tratta di ragionare solo su un salto generazionale, che pur non ci farebbe per niente male, ma di provare a immaginare un mondo diverso e lavorare perché non resti per pochi. 
La prima priorità in questo momento è l’occupazione. Questa non risponde però al conservare una situazione, ma all’immaginarne altre, diverse, forse meno certe, ma non per questo meno efficaci. Ci sono aziende, magari piccole per ora, che hanno scommesso sul digitale e che assumono. Realtà che erano “vecchie e tradizionali” e che hanno capito che la Rete permetteva non solo una via di uscita, ma anche nuove opportunità. Queste non conoscono la crisi.
Su questo abbiamo esempi molto virtuosi sul nostro territorio. Un piccolo caso “Fiat” lo abbiamo avuto proprio nel campo del digitale con il primo gestore di connettività wi-fi tornato a essere al 100% italiano. Un’altra eccellenza la abbiamo all’interno dell’Università Cattaneo dove si studierà e lavorerà in un laboratorio con le più moderne tecnologie. Lo abbiamo in un’azienda informatica che in dieci anni ha moltiplicato per cinque i propri addetti occupando ormai quasi 600 persone. Lo abbiamo in un’associazione di categoria, come Confartigianato, che parla e pratica sempre più spesso di impresa digitale. Lo abbiamo in imprese “old” che grazie all’idea di Rete danno lavoro a oltre milleduecento persone. Si potrebbe fare un lungo elenco, ma troppo spesso questi cambiamenti restano nascosti.  
Nel piccolo anche il nostro giornale è un esempio. Varesenews è sempre stato digitale e oggi intuisce ancor meglio quanto siano profondi i cambiamenti in atto. Questi non possono essere contrastati, ma vanno compresi e praticati. “Ora tocca a noi” è una bella responsabilità e nel nostro caso, sulla base di una lunga esperienza che evolve in continuazione, significa facilitare e accompagnare le connessioni. Non quelle alla Rete, ma quelle che esistono nella vita di tutti i giorni. L’indicazione principale viene proprio dal cervello di ognuno di noi, dove è fondamentale la connessione tra i neuroni. È tutto lì, ma spesso, presi come siamo a difenderci e conservare, ce lo dimentichiamo.
Una società pensante e che metta al centro “ora tocca a noi” può darci la speranza di navigare con coraggio questo 2014 che sarà un altro anno di vera rivoluzione.

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