venerdì 10 gennaio 2014

Il nostro gelo nel film di Virzì

Non si salva nessuno nel freddo gelido di una terra smarrita. Il film di Paolo Virzì, Il capitale umano, è un thriller girato in tre capitoli che permettono allo spettatore di guardare alla realtà dei fatti da diverse prospettive. Un espediente narrativo perfettamente riuscito e che non fa mai calare la tensione. 




Varese, nel primo giorno di uscita, ha risposto in modo piuttosto freddo. Al Miv, nelle tre diverse proiezioni, c’erano meno di cento persone in tutto. Un po’ meglio al Garden di Gavirate con 150 presenze e un bravo Diego Pisati a presentare la pellicola. La sua Prealpina è citata diverse volte nel film. Le polemiche dei giorni scorsi che lasciavano preventivare un buon successo, sembrano non aver sortito l’effetto giusto. Vedremo come andrà nel primo fine settimana.
La storia del film è solida. Trae spunto da un romanzo americano, e ha uno dei punti di forza nella sceneggiatura. Un cast che ha recitato in modo impeccabile e che tiene sempre. Forse l’unica eccezione è il personaggio interpretato da Luigi Lo Cascio che fa venire in mente più una fiction televisiva.
Il trailer


La storia
Tutto inizia con il dramma di un uomo che mentre torna a casa in bicicletta viene investito da un potente suv. Tutto intorno c’è la neve, e il gelo non sarà solo un protagonista climatico. La ricerca del responsabile dell’incidente è l’espediente per raccontare le vite di sette persone di due generazioni diverse. Lo sfondo è il mondo della finanza. Quello riassunto dalla frase di Valeria Bruni nella battute finali del film quando dice al marito spregiudicato e cinico: "Avete scommesso sulla rovina di questo paese e avete vinto". La reazione è altrettanto lapidaria. “Abbiamo, perché ne fai parte anche tu”. Con la festa finale sembra che i "cattivi" restino sempre in piedi, malgrado tutto. Resta la finzione e con questa le macerie di una società sempre più agonizzante.
I titoli di coda spiegano come può finire una storia come quella raccontata dal Capitale umano. Non si può raccontare oltre perché si rischia di svelare troppo.
Il Nord
Il regista sceglie il Nord per mettere in scena uno spaccato sociale che lascia senza fiato. Ridicole le polemiche di questi giorni sul danno che farebbe la pellicola alla Brianza, a Como o alla nostra città. Varese, cinematograficamente, appare perfetta. Si presta bene a descrivere quel tipo di città borghese, ricca, un po’ provinciale, fredda, ma aperta anche ai cambiamenti più controversi. 
Non è vero che è un film contro qualcosa. Certamente non contro il Nord, tanto meno la sua gente, o gli imprenditori. Descrive il cinismo, ma anche il modo un po’ arruffone di una piccola borghesia problematica che vorrebbe salire l’ascensore sociale e non guarda in faccia nessuno pur di poterlo fare.
Ancora una volta sembra poter essere l’amore, e lo sguardo incantato della più giovane protagonista, la speranza. Ma è solo per un attimo e con in mezzo una barriera.
Il film è molto bello e ben riuscito. Certamente da vedere per tante ragioni. Ai varesini, con la scoperta di tanti luoghi propri, se ne aggiunge una in più rispetto al resto del Paese.

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