giovedì 31 ottobre 2013

Captain Phillips - Attacco in mare aperto

Era tempo che non uscivo tanto nero dal cinema. Capita di fronte ad alcune bufale, vedi Aspirante vedovo. Oppure di fronte a film noiosi e che non ti lasciano niente, se non la fatica di entrare nella cervelloticità di chi ha voluto fare quel film.
Non è però il caso di Captain Philips - Attacco in mare aperto. Paul Greengrass ha fatto un buon film con un bravissimo Tom Hanks. Tratto da una storia vera lo spettatore resta incollato alla poltrona fino a quando non si risolve il rapimento del comandante
della nave sequestrato da una banda di disperati pirati somali. Il regista è stato capace di stimolare l'ansia e qua e là anche mostrare tratti psicologici dei due protagonisti sui due fronti avversi.
Sono uscito nero perché, al di là di qualche piccolo accenno, non c'è spazio per una riflessione sulle ragioni di quanto accade in quell'area del mondo.
Il film ricostruisce la storia del comandante e non si chiede un documentario sull'Africa, sulla povertà nel mondo o sulla disperazione del popolo somalo. Lo schema che passa e vince sempre è quello degli indiani e cow boy che certi statunitensi proprio non riescono a tirarsi via di dosso.
Tutta la fase di "salvataggio" del capitano è ridondante e noiosamente lunga. La critica e il pubblico sembrano aver apprezzato molto il film. Per certi versi è rassicurante, perché nello schema tra buoni e cattivi, per quanto meno grezza del periodo del Far west, noi si sa bene da che parte stare. E vinciamo sempre. A che costo poi, ai più,  sembra interessar poco.

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