Teresa è nata a Gheel, una piccola cittadina in Belgio dove i matti vivono quasi liberi. Siamo nel 1881, e lì incontra un giovane Vincent Van Gogh, e se ne innamora. Lei è una tenera adolescente. Sua madre, con gravi disturbi psichici, era morta di parto, e da allora la ragazza viveva presso una famiglia.
Il romanzo si sviluppa sotto forma di una lunga lettera, dove Teresa ricostruisce quei giorni e quel periodo quando in città apparve questo giovane tenebroso e affascinante.
Sarà proprio lei, in un pomeriggio di sole e di campi fioriti, a stimolare Vincent a dipingere e utilizzare i colori per la prima volta. "L'amore fa sempre folli, signor Van Gogh, quelli a cui non importa niente vivere non diventano mai pazzi". Una frase che illumina tutto il libro.
Scritto con un linguaggio tanto ricercato, quanto chiaro, il libro di Giovanni Montanaro, Tutti i colori del mondo, è davvero una sorpresa. A tratti ricorda Stabat mater di Tiziano Scarpa, e non è casuale che sia proprio lui a scrivere nella quarta di copertina. "Teresa mi ha commosso. Le succedono le cose più sconvolgenti: la chiaroveggenza, la persecuzione, la metamorfosi. E le succede van Gogh".
Le due protagoniste hanno molto in comune. Entrambe orfane e "salvate" dall'arte. Cecilia di Scarpa dalla musica di Vivaldi, conosciuto in convento. Teresa di Montanaro dai colori e dalla pittura di Van Gogh.
Dentro la tragedia di queste due creature, dolci, tenere, smarrite e profonde, lo spiraglio di salvezza è dato dall'attenzione all'arte e alla condizione degli ultimi.
La pazzia così altro non è che "vivere male", ma non "male di vivere" perché nella dimensione dell'innamoramento tutti siamo un po' matti.
A metà storia Teresa si domanda: "Cosa significa amarsi, essere amati? Come sarebbe cambiata questa vita? Ho tanto desiderio di voi, e non so nemmeno cos'è il desiderio che ho, se è il desiderio che ha ogni donna o è solo mio, il mio modo di desiderare".
Nessun commento:
Posta un commento