“Ho sentito dire che voi vorreste in settimana ballonzolare a scuola. Un fatto simile mi ha talmente incuriosito che ho voluto seriamente discuterne insieme a voi, perché o nel ballo c’è qualcosa di abbastanza utile da poterlo fare nei luoghi sacri o è inutile, e allora a scuola non si può fare.
La scuola è quel luogo dove si insegnano cose utili, quelle cose che il mondo non insegna, sennò non va bene.
Sicché anche se il ballo è soltanto una cosa inutile, farlo a scuola è una cosa assolutamente indecente”.
Don Milani non le mandava a dire. Mancavano pochi giorni al carnevale quando il priore di Barbiana, uno sperduto borgo del Mugello, affrontò a viso aperto alcune ragazzine che aveva chiesto di poter fare una festa danzante a scuola.
"Ma se nel fare una cosa inutile non si fa male a nessuno, questo non è mica immorale?" domanda una di loro.
Don Milani le rispose con la chiarezza che lo contraddistingueva: "Se la vita è un bel dono di Dio non va buttata via e buttarla via è peccato. Se un’azione è inutile, è buttar via un bel dono di Dio. È un peccato gravissimo, io lo chiamo bestemmia del tempo".
La conversazione andò avanti per oltre un’ora con il priore che incalzava le ragazze. “La scemina che tutti ricercano sta godendo felice e torna a casa che piscia e non se ne avvede dalla gioia, non perché l’han trovata intelligente, l’han trovata colta, ma perché l’han trovata capace di sgambettare come sanno anche le oche. Ma ci pensate quanto viene su cretina una ragazzina molto bellina a sperare che sia richiesta da tutti e a passare da una sala da ballo a un’altra? Vi immaginate che mammina sarà quella! Che donna politica! E che sindacalista! Quella invece che torna a casa addolorata perché nessun giovanotto l’ha richiesta, è addolorata da una cosa che non si è meritata. Quindi in questa sala avvengono delle infamie, delle mancanze di carità tremende”.
Un'invettiva con parole di pietra contro il ballo e il divertimento, contro l'effimero e contro chi "bestemmia il tempo" in un mondo in cui tutto è inutilmente piacevole. Un'invettiva che solo un profeta come Lorenzo Milani poteva pronunciare senza provare un po' di pudore.
Eravamo nel 1965, un’altra epoca.
La nostra, a casa nostra, è quella di una giovane varesina che a 19 anni decide di fare l’attrice porno di cinema hard. Quella di una ragazza di 28 anni, laureata in relazioni pubbliche, che passa il tempo nella casa del Grande fratello. Quella di genitori che fanno un’ora di coda per accompagnare i propri figli a una festa in discoteca, dove c’è più alcol e droghe che aria.
Quanto a “bestemmiare il tempo”, la nostra provincia non si fa mancare niente.
Del resto cosa c’è di male se il modello vincente è quello di Ruby, di Nicole, di Noemi, delle sculettanti veline, delle “scuderie” di avvenenti signorine alla corte di Lele Mora?
Il senso dell’educazione e della responsabilità, il contenuto della democrazia, il riscatto degli emarginati, la ricerca della libertà, l’emancipazione femminile richiamate da don Milani sono pensieri vecchi. Figli del moralismo di un bigotto prete di campagna, dirà qualcuno.
Viva l’Italia.
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