Nella sua vita da giornalista e da scrittore Ettore Masina si è sempre distinto per una dote non comune. Schietto, coerente, diretto, a volte intransigente. "Nessuna mi turba accusa di "ismo". Quello che mi tormenta nella notte è il Sant'Offizio del mio moralismo", scriveva in una poesia di tanti anni fa. Usa le parole con maestria come chi viene da una scuola ferrea della scrittura. In lui la passione si fonde con la poesia e l'impegno con la denuncia.
L'ultimo libro ne è una testimonianza importante. Le nostre barche sono rotonde, edito da OGE è un mix delle sue esperienze, dei suoi valori. Dodici racconti che ripercorrono le tappe di alcuni sui momenti di vita. I primi sono dedicati al suo primo "mestiere", quando giovane cronista veniva inviato a seguire eventi, tragedie, progetti. Nel Ministro in canottiera, dopo aver passato una notte sul luogo di un terribile incidente ferroviario chiude il racconto con un proposito. "Per l'ennesima volta giurai che avrei cambiato mestiere". Mestiere su cui torna nel racconto successivo, quando in visita al cantiere della galleria del Limmernboden, sente "di essere arrivato all'inferno, meritato dalla mia insana pretesa di vedere tutto e di fare il mestiere più presuntuoso fra i tanti possibili".
Masina con Terre difficili e Ombre di viaggio dedica poi diversi racconti ai suoi viaggi all'estero sia come membro della commissione esteri della Camera, sia di tipo privato. Racconta così un'Africa che lo inquieta, il Vietnam da cui arriuva anche il titolo del libro, la Spagna dei pellegrini e le meravigliose storie che si conoscono lungo il cammino per Santiago.
Il capolavoro arriva però nella sezione di mezzo: Presepi. Qui lo stile, la forza comunicativa di Masina raggiunge il suo apice. La cattedrale di Porto di Mare narra della Milano degli anni Cinquanta. Lo scorrere delle parole fa venire i brividi per quanto, passato mezzo secolo, alcune scene si ripetano. Cambiamo solo i nomi e le provenienze, ma le analogie lasciano di stucco.
"Gli immigrati non avevano trovato case, figurarsi i termosifoni. Forse Milano aveva bisogno di loro, per crescere; ma fingeva di no. Lavoro, qualche lavoro pesante e mal pagato, glielo dava; ma la casa neanche parlarne. Per avere la casa "popolare" ci voleva la "residenza", ma per avere la residenza (meraviglioso biglietto d'ingresso nel paradiso urbano) bisognava documentare di avere un alloggio". Sarà un prete coraggioso, un cronista squattrinato e un vescovo, in odore oggi di santità, a coinvolgere un sindaco freddo e cinico in una situazione dove le risposte devono tener conto della solidarietà e delle reali condizioni di vita delle persone. Dove lo spazio alle emozioni diventa vitale.
"Di tanti angeli abbattuti a schioppettate gonfio è il carniere della ragione" scriveva in una bella poesia trentasei anni fa Ettore Masina. Oggi la sua scrittura è meno ironica di allora. L'umorismo lascia il posto a una vena di tristezza, ma la sua voce si sa levare ancora in alto e in poche pagine mostrare le cose per come sono. E così in Natale alle pendici del vulcano racconta della conversione di Ricardo Urioste , vicario capitolare dell'arcivescovo Oscar Arnulfo Romero, anch'esso convertito al suo popolo (straordinaria la biografia scritta sempre da Masina). "Ricardo, siamo ai Tropici. Quel che ci chiede la gente non è la filosofia, è la speranza; e come riuscire a campare".
Chiudono il libro due racconti "fantastici" dove Masina recupera la tradizione della fiaba e "rischia" tanto da dichiarare ai suoi lettori la "promessa di emendare il mio aperto plagio".
Le nostre barche sono rotonde è uno spaccato di mondo, di vite, di pensieri che ci spingono a riflettere. Prendono un arco temporale di oltre cinque decenni e viaggiano tra i continenti svelando la profondità delle scelte di vita dei protagonisti dei racconti.
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